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1 dollaro in cibo spazzatura? L'ambiente e la salute ne pagano 2
1 dollaro in cibo spazzatura? L'ambiente e la salute ne pagano 2
di Andrea Begnini
24/10/2019
Partiamo da un dato, ormai celebre: la popolazione umana è in crescita costante e le proiezioni indicano come nel 2050 su questo pianeta ci saranno oltre 9 miliardi di persone. Tutte da sfamare. Possibilmente senza distruggere il pianeta. Sicuramente cambiando gli attuali sistemi produttivi e distributivi del cibo e i comportamenti alimentari che questi meccanismi generano.
Allo scorso World Economic Forum di Davos, in Svizzera, la
Ellen MacArthur Foundation
ha presentato un report dettagliato su questa progressione con alcuni profili di lavoro per il futuro. La fondazione opera per la promozione e lo sviluppo dell’economia circolare e il rapporto
Cities and circular economy for food
fa emergere come, accanto alla crescita esponenziale di abitanti, entro il 2050 cinque milioni di persone all’anno potrebbero morire a causa di problemi derivati dalla produzione alimentare industriale.
“Per ogni dollaro speso in cibo spazzatura, la società ne paga due in costi sanitari, ambientali ed economici”, questo a causa dell'impatto sull’ambiente e sulla salute delle persone di questo nostro attuale modello produttivo alimentare dominante. Stiamo parlando, ovviamente, di allevamenti e di agricoltura intensivi che sfruttano le risorse naturali e immettono in natura pesticidi, antibiotici e veleni, stiamo parlando di deforestazione e di emissioni di gas a effetto serra. Il tutto per nutrire principalmente la popolazione urbana che, sempre secondo il report, entro la fatidica data del 2050 assorbirà l'80 per cento del cibo prodotto.
Ma dove passa l'economia circolare per cominciare a cambiare prospettiva in questo settore chiave dell'esistenza? Prima di tutto all'interno dei sistemi agricoli. Il report suggerisce un ruolo attivo per i consumatori che dovrebbero cominciare a premiare il lavoro dei produttori che adottano tecniche sostenibili e preferire il cibo prodotto nelle aree periurbane, ovvero entro 20 chilometri dalle città, che sono circa il 40 per cento delle terre coltivate del mondo. Inoltre, occorre considerare come risorsa gli scarti alimentari evitando di smaltire il cibo in eccesso per ridistribuirlo e aiutare così a combattere l’insicurezza alimentare, mentre i sottoprodotti non consumabili possono invece essere trasformati in fertilizzanti organici o in bioenergie. Infine il report prevede di agire sulla leva del marketing alimentare, questa volta per promuovere alimenti prodotti in maniera sana, enfatizzando, ad esempio, l’importanza della riduzione del consumo di carne a vantaggio delle proteine vegetali che hanno un impatto ambientale più contenuto.
Il report quantifica i vantaggi che le città possono raggiungere in termini di approvvigionamento di alimenti e di possibilità rigenerative del cibo stesso: “Tutto questo potrebbe generare benefici per un valore di 2,7 miliardi di dollari all'anno entro il 2050. In aggiunta, altri benefici potrebbero derivare dalla progettazione, dal marketing e dalla vendita di prodotti alimentari più sani. Oltre a questi obiettivi, il progetto punta a creare migliori condizioni di vita nelle città, a migliorare la biodiversità e la resilienza in agricoltura, ad aumentare la sicurezza alimentare e a creare condizioni più favorevoli in favore di cittadini sempre più coinvolti nelle decisioni alimentari che li riguardano”.
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