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30 miliardi di tonnellate di artefatti umani: benvenuti nell'antropocene
30 miliardi di tonnellate di artefatti umani: benvenuti nell'antropocene
di Andrea Begnini
21/01/2020
Gli studi del gruppo di lavoro che fa capo al professor Jan Zalasiewicz hanno provato a calcolare il peso degli esseri umani che insistono sul nostro pianeta. Risultato? 400 milioni di tonnellate, per approssimazione. Poi, economia circolare a parte, hanno pesato vacche, pecore, cavalli, maiali, insomma tutti gli animali che l'essere umano alleva per se stesso: 1500 milioni di tonnellate. Infine, hanno messo sul piatto della bilancia tutti i mangimi e le coltivazioni, le costruzioni di ogni genere come le macchine, gli oggetti, e tutti i materiali ormai conferiti in discarica, arrivando a due conclusioni.
Una: oggi sulla terra ci sono più chili di costruzioni, macchine e discariche che chili di materia vivente, anche se ci mettiamo dentro alberi, alghe e insetti.
Due: se l’umanità sparisse domani, lascerebbe dietro di sé trentamila miliardi di tonnellate di oggetti e costruzioni. Quella che viene chiamata tecnosfera e che pesa circa 50 kg. al metro quadrato del pianeta.
Di che parliamo? Del tema del momento: l'antropocene. Una nuova epoca geologica che si è stratificata in grande fretta e che incide sul pianeta al punto che, dal 1970 al 2017, considerando la sola estrazione globale di materie prime, si registra un tasso di cresciuta da 27 miliardi di tonnellate a 92 miliardi di tonnellate.
Spiega il professor Zalasiewicz, uno dei principali autori dello studio: “Misurare la tecnosfera è una maniera di temere i cambiamenti straordinari realizzati dall’uomo, che minano il pianeta Terra. Contrariamente alla biosfera, la tecnosfera ha pochissime capacità di riciclare i propri materiali, fattore che potrebbe minare la sua futura evoluzione, o arrestarla completamente”. Parliamo di resti di bottiglie, sacchetti del supermercato, compact disc, filtri di sigaretta, calze di nylon e molti altri materiali che sono ormai diffusi ovunque. Per restare alla sola plastica, più di 300 milioni di tonnellate ne vengono prodotte ogni anno. Alcuni frammenti si trovano sotto forma di microscopici granuli (microplastiche), altri sono più grandi ma tutti contribuiscono a formare un impatto altamente pericoloso per l’ecosistema. Una quantità in peso, quella della plastica prodotta ogni anno, che è prossima, come abbiamo visto, al peso dell’intera popolazione umana sul pianeta, ma il dato è destinato a crescere: la quantità totale di plastica prodotta dalla seconda Guerra mondiale ammonta a circa 5 miliardi di tonnellate e le previsioni dicono che raggiungerà i 30 miliardi di tonnellate entro la fine del secolo.
Nella IV Assemblea Generale sull’Ambiente delle Nazioni Unite (Unea) tenutasi a Nairobi, l’Unep ha reso noto il suo Rapporto ambientale globale giunto alla sesta edizione. Il Global Environment Outlook 6, dopo cinque anni di intenso lavoro di 250 esperti di più di 70 Paesi, ha ribadito la necessità di raggiungere un’economia a zero rifiuti entro il 2050 constatando, allo stesso tempo, i ritardi consistenti rispetto agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. In occasione della IV Assemblea dell’Onu, è stato anche presentato il rapporto dell’International Resource Panel Global Resources Outlook 2019 sull’utilizzo delle risorse naturali da parte dell’uomo, triplicato dal 1970 a oggi. Allo studio ha partecipato anche Jan Zalasiewicz che ha anche appena curato la pubblicazione, per la Cambridge University Press, del nuovo volume sull’Antropocene (The Anthropocene as a Geological Time Unit), scritto da diversi esperti, molti dei quali membri del Working Group che sta lavorando alla collocazione scientifica dell’Antropocene nel Geological Time Scale del nostro Pianeta.
Allo stesso tempo, negli ultimi mesi, uno dei documentari più visti anche in Italia è stato proprio quel Antropocene – l'epoca umana che guarda dentro il nostro pianeta passando in rassegna dalle pareti di cemento in Cina che ora coprono il 60% della costa continentale alle più grandi macchine terrestri mai costruite in Germania, dalle miniere di potassio negli Urali russi al nickel di Norilsk, dalla Grande Barriera Corallina in Australia alla discarica di Dandora in Kenya dove migliaia di persone vivono in mezzo ai rifiuti per lavorare alla ricerca di materiali da rivendere. Senza dimenticare l'Italia con lo sbancamento secolare delle Alpi Apuane a Carrara, grazie alle cave del marmo più richiesto in tutto il mondo.
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