Aumenta l’economia circolare, frena il riscaldamento del pianeta

a cura di Circle Economy

24/02/2021


Elaborato dal Circle Economy, che ha il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica per accelerare l’implementazione pragmatica e scalabile dell’economia circolare nel mondo, The Circularity Gap Report 2021 mette in evidenza un aspetto negativo e uno positivo. Quello negativo: solo l’8,6% dell’economia globale può essere definito circolare, con un peggioramento significativo rispetto a due anni fa, quando questa percentuale era del 9,1%. Quello positivo: “sarebbe sufficiente arrivare a un tasso di circolarità del 17% e combinare questo sforzo con le riduzioni previste dagli Ndc (Nationally determined contribution), già approvati da 170 Paesi, per abbattere le emissioni globali del 39% entro il 2032 e fermare quindi il riscaldamento globale.

A cura di Circle Economy
 
Attuata a livello globale, l’economia circolare può colmare l’Emissions Gap (il divario presente tra i livelli delle emissioni previsti per il 2030 e i livelli necessari per mantenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C). Questo studio dimostra che combinare politiche che promuovono l’economia circolare e la mitigazione dei cambiamenti climatici ci porta su un percorso verso un mondo con un aumento delle temperature ben al di sotto dei 2°C entro il 2032.

Adottando un piano d’azione che implementi strategie a supporto dell’economia circolare, possiamo spianare la strada alle trasformazioni sistemiche necessarie per correggere la rotta dell’economia globale, andando ben oltre i limiti delle politiche attuali e gli impegni nazionali per l’azione climatica. Gli attuali impegni assunti ci portano a compiere il 15% del cammino; l’economia circolare ci aiuta a percorrere il restante 85%. Se è vero che il prossimo sarà il decennio decisivo per il futuro dell’umanità sulla Terra, il 2021 sarà l’anno decisivo per potenziare gli sforzi diretti all’azione climatica e definire realistici obiettivi per prevenire le conseguenze peggiori del crollo climatico. L’economia attuale è circolare solo al 8,6%, lasciando un enorme Circularity Gap (91,4%). La buona notizia è che basterebbe aumentare questa percentuale solamente di un ulteriore 7,7%, arrivando quindi a quasi raddoppiare l’attuale 8,6%, per colmare l’Emissions Gap.

Tuttavia l’8,6% di circolarità dell’economia mondiale è in calo, non in aumento. Il Circularity Gap Report 2020, infatti, ha rivelato che nel 2020 l’economia globale era circolare per l’8,6%, mentre solo due anni prima lo era per il 9,1%: le cose sono peggiorate. Basterebbe raddoppiare il livello di circolarità per colmare l’Emissions Gap entro il 2032, ma il mondo rimane incatenato a pratiche obsolete, basate sul modello lineare di estrazione di risorse-produzione-consumo-scarto (“take-make-dispose”).
 
L’umanità ha ora superato altre due importanti soglie: il mondo consuma 100 miliardi di tonnellate di materiali ogni anno ed è già 1°C più caldo. A causa dell’irreperibilità dei dati, la Circularity Metric non è stata aggiornata per quest’anno, ma tutti gli indicatori suggeriscono che il mondo è tuttora immerso nel modello di economia lineare, con le pratiche, i processi produttivi e i comportamenti insostenibili che essa comporta. Ciononostante, quando la pandemia da Covid-19 ha colpito il mondo nel 2020, abbiamo visto cieli e strade svuotarsi ed intere popolazioni sotto lockdown nazionale. Per quanto il calo di emissioni che ne è derivato sia stato temporaneo, ha però dimostrato cosa sarebbe possibile: governi e cittadini sono ora consapevoli che il cambiamento trasformativo può divenire realtà.

Il tempo sta per scadere. Anche se tutti i 194 Paesi che hanno aderito all’accordo di Parigi mantenessero la promessa di ridurre le emissioni, si prevede che la temperatura terrestre crescerebbe di 3,2°C durante questo secolo. Il riscaldamento globale non mostra segni di rallentamento e la realtà è che alcune città e Paesi più vulnerabili di altri dovranno affrontare catastrofi che minacciano gran parte della popolazione. Per una crudele ironia, le nazioni più vulnerabili agli impatti del collasso climatico sono anche quelle a piú basso reddito, che contribuiscono molto meno alle emissioni globali. Abbiamo superato il momento delle piccole riforme. Per correggere la rotta dell’economia globale c’è bisogno di un importante e trasformazionale cambio di marcia nel pensiero sistemico. Questo grande cambiamento è l’economia circolare.

La catastrofe climatica richiede più di quanto possano realizzare gli attuali impegni nazionali per l’azione climatica. L’attuale Circularity Gap Report traccia in modo quantitativo una mappa di come le emissioni di gas serra e le risorse materiali si muovono attraverso la nostra economia, dall’estrazione fino alla fine del loro utilizzo. Lo studio dimostra che il trattamento e l’utilizzo dei materiali costituisce l’attività economica responsabile della maggior parte (70%) delle emissioni di gas serra. Questo evidenzia quanto sia vitale, per avere un impatto reale, andare oltre agli impegni climatici assunti, limitati solamente alla questione energetica. Applicando strategie circolari dove i flussi di materiali si incontrano con gli epicentri di emissioni di gas serra possiamo mantenere il valore delle risorse e ridurne il consumo eccessivo, riducendo così anche i gas serra. Così facendo si riduce il Circularity Gap e, a sua volta, si chiude l’Emissions Gap.

L’economia circolare può soddisfare i bisogni e i desideri della nostra società facendo di più con meno. Abbiamo bisogno di molte risorse per alimentare il nostro stile di vita; tutto questo produce emissioni. L’economia circolare garantisce che con meno materiali in circolazione, e di conseguenza con meno emissioni, si possa raggiungere lo stesso rendimento, se non migliore. Grazie a strategie intelligenti e alla riduzione del consumo di materiali, come dimostra il presente studio, l’economia circolare ha il potere di ridurre le emissioni globali di gas serra del 39% e di ridurre l’uso di risorse vergini del 28%. Il fabbisogno di alloggi costituisce la metà di questo impatto, mentre la mobilità e la nutrizione rappresentano gran parte del resto. Per raggiungere l’obiettivo finale, ossia uno spazio socialmente giusto ed ecologicamente sicuro, abbiamo bisogno di una gestione intelligente delle risorse per arginare il consumo eccessivo e ridurre le emissioni, di modo che il loro impatto rientri all’interno dei limiti fisici del nostro pianeta.

Un altro anno sprecato nella corsa per rimettersi in gioco. Nessun Paese è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di uno spazio socialmente giusto ed ecologicamente sicuro. Ma possono ancora esercitare il loro potere, soprattutto ora che si stanno diffondendo i pacchetti di stimolo economico per aiutare i vari Paesi a uscire dalla crisi post-pandemia. Il summit dell’ONU, il COP26, è stato invece rinviato all’autunno del 2021. Questo significa che abbiamo perso tempo prezioso per accelerare l’azione climatica, soprattutto dato che la maggior parte dei Paesi non sono riusciti ad aggiornare gli impegni per il clima, già “deplorevolmente inadeguati”, entro la fine del 2020.

Per guidare questo processo esaminiamo nel presente studio le sfide e le opportunità comuni a tre categorie di Paesi, presentiamo progetti per un’azione climatica su misura in ogni contesto e delineiamo una serie di impegni climatici unici. Questo è davvero il momento di agire per i Paesi di tutto il mondo.

L’anno della verità. Con la pandemia del 2020, i lockdown di tutto il mondo non solo hanno contribuito a un forte calo delle emissioni, ma hanno anche accelerato lo smantellamento degli assets legati all’industria dei combustibili fossili. Nonostante questo progresso sia stato involontario e probabilmente temporaneo, può insegnarci lezioni preziose da poter tradurre in cambiamenti strutturali - ora il mondo sembra essere in ascolto. Incoraggiati dall’impiego universale di energie rinnovabili, i governi stanno prendendo decisioni che daranno un’impronta positiva al nostro futuro e al cambiamento climatico.

Gli eventi del 2020 sono serviti anche a far luce sui difetti del nostro sistema: un sistema lineare e non-sostenibile, che si basa sullo sfruttamento delle risorse naturali e delle persone. Non c’è giustizia ambientale, senza giustizia sociale. Distruttivo e istruttivo, come ha dimostrato essere anche la pandemia, il crollo climatico sarà la più grande minaccia di questo secolo per la salute globale. In un’epoca in cui si deve ricostruire meglio, l’economia circolare non è mai stata più rilevante.
 
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