CO2, CO2 e ancora CO2: sforati gli accordi di Parigi la battaglia sul clima resta sempre quella

di Andrea Begnini

12/05/2021

Immagine tratta dal sito di Climate Action Tracker

Stati Uniti, Unione Europea, Cina e Giappone hanno tutti fatto di recente annunci sui prossimi e ulteriori tagli alle emissioni di CO2. Ulteriori rispetto all'accordo di Parigi, ovvero il primo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla Conferenza di Parigi sul Clima (COP21) nel dicembre 2015. A Parigi si è deciso che per mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale ampiamente al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine, occorra puntare a fare in modo che le emissioni globali comincino a contrarsi, pur riconoscendo che per i paesi in via di sviluppo occorrerà più tempo per conseguire rapide riduzioni. E successivamente, secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili, fare in modo di raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda metà del secolo.

John Kerry, inviato speciale per il clima del presidente Biden, ha di recente dichiarato: “L'Italia ha una grande opportunità di leadership sui cambiamenti climatici, e gli Stati Uniti sono pronti ad aiutarla. Il vostro successo sarà il successo di tutti noi”. Tutto questo a contorno del recente vertice sul clima voluto dalla Casa Bianca che è stato importante per porsi obiettivi anche più ambiziosi dell'accordo di Parigi e per creare le basi comuni di lavoro in vista della COP26 di Glasgow del prossimo novembre. 

Ma come andrà a finire considerando la progressione attuale e le azioni messe in campo dalle nazioni? Secondo il calcolo sviluppato dal gruppo di attivisti Climate Action Tracker, che ha da tempo avviato un monitoraggio costante sulle emissioni delle singole nazioni, anche se i governi rispetteranno gli impegni appena presi, la temperatura globale a fine secolo sarà di 2,4°C più alta rispetto all’era pre-industriale. Molto di più di “quell'ampiamente sotto i 2 gradi” individuato nel 2015 a Parigi. È anche vero che, senza questo impegno collettivo, le previsioni dicono che l'innalzamento della temperatura potrebbe arrivare a essere attorno ai 3 gradi nel 2100.

Contestualmente, un nuovo studio pubblicato su Nature e dedicato alla relazione tra aumento delle temperature, scioglimento dei ghiacci e innalzamento dei mari mette una data limite, il 2060. I ricercatori dell’Università del Massachusetts e della Rutgers University sostengono che se il riscaldamento globale continuerà a seguire l’andamento attuale in quel momento raggiungeremo il punto di non ritorno, oltre il quale le conseguenze saranno irreversibili. Inoltre, se nei prossimi anni le temperature medie aumenteranno anche soltanto di un grado, il rischio di sfollamento delle popolazioni costiere e delle aree interne che saranno soggette a una maggiore desertificazione aumenterà del 50% circa. Questo secondo gli studi di un team di ricercatori di Svizzera, Germania e Olanda, che ha sviluppato degli specifici modelli climatici e idrogeologici per comprendere la correlazione tra la temperatura media e l’aumento delle zone inabitabili. Infine, sempre in tema di CO2, un nuovo studio internazionale pubblicato su Nature Climate Change chiarisce come la foresta amazzonica brasiliana negli ultimi 10 anni abbia emesso il 20% in più di anidride carbonica rispetto a quella assorbita. Nel 2019 la deforestazione è aumentata di quattro volte, degradando anche la sua funzione di abbattitore di CO2.
 

Tag:  Accordi di Parigi sul climacambiamenti climaticiClimate Action Trackerriscaldamento globale

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