Con 3 milioni di mascherine usate si costruisce 1 km di strada

di Andrea Begnini

15/02/2021

Foto di ecogreenlove per Pixabay
Il blocco economico derivato dai numerosi lockdown di questa pandemia ha accelerato una serie di questioni, già in essere, relative alla fragilità del nostro sistema produttivo di stampo lineare, soprattutto riguardo alla sua incapacità a reagire quando vanno in crisi i consumi. Quanto la nostra economia sia esposta a rischi connessi al suo impianto lineare, è anche la riflessione che opera la Fondazione Ellen MacArthur in un recente report su economia circolare e Covid-19 che ha come obiettivo quello di offrire spunti per uscire dalla crisi attraverso l'adozione di politiche circolari, soprattutto in cinque settori chiave come gli imballaggi in plastica, la mobilità, il tessile e la moda, l'agricoltura e la produzione di cibo e, infine, l'edilizia e le costruzioni. Senza dimenticare che il modello produttivo del nostro sistema economico estrae materia e crea rifiuti senza riconnettere il cerchio tra consumi e risorse, così come reso particolarmente evidente da questo periodo di crisi sanitaria globale in cui oltre 6 miliardi di mascherine usa e getta vengono inviate ogni giorno in discarica o incenerite. Solo in Italia, sono state prodotte circa 300 mila tonnellate di rifiuti, composti da guanti e mascherine: una massa di indifferenziato che ha cominciato a stimolare la creatività dei ricercatori e degli scienziati, alla ricerca di idee e tecnologie per lo smaltimento e, soprattutto, per il riuso circolare anche di questo materiale sanitario speciale.

Un team di ricercatori australiani del Royal Melbourne Institute of Technology ha pubblicato un interessante studio su Science of The Total Environment che verifica l'ipotesi di utilizzare le mascherine usate, assieme ad altri materiali di scarto, nelle costruzioni civili, nello specifico per la costruzione del manto stradale. In sostanza, le mascherine, sminuzzate e mescolate con il calcestruzzo demolito, ovvero a sua volta recuperato dal riciclo delle macerie di edifici, contribuisce a produrre un materiale sia resistente che flessibile, ottimo per la costruzione di strade e di marciapiedi. I risultati sperimentali hanno verificato miscele con tre diverse percentuali di derivati dalle mascherine, rispettivamente dell'1, del 2 e del 3 per cento. Il materiale più resistente alla compressione e più elastico si è rivelato quello con valori compresi tra l'1 e il 2 per cento. Questa miscela ha infatti soddisfatto i requisiti di rigidità e di resistenza per la base della pavimentazione migliorando la duttilità e la flessibilità delle miscele rendendole più sicure, in quanto maggiormente in grado di sopportare le pressioni dei veicoli e di prevenire la comparsa di fessure. 

Per realizzare un chilometro di una strada a due corsie si impiegherebbero circa 3 milioni di mascherine, il che consentirebbe il riuso di circa 90 tonnellate di rifiuti speciali. Il tutto garantendo la costruzione di strade più forti e più flessibili, conformi agli standard di sicurezza dell'ingegneria civile e in grado di smaltire una grande quantità di rifiuti generati dai dispositivi di protezione. Una soluzione di economia circolare in grado di rimettere in funzione un prodotto finora destinato al conferimento in discarica con altre possibili destinazioni d'uso: gli autori hanno studiato anche la possibilità di utilizzare le mascherine sminuzzate come materiale aggregato per la produzione di altri materiali a uso industriale e i risultati preliminari sembrano offrire buone opportunità.
 

Tag:  Covid-19economia circolareedilizia circolareEllen MacArthur FoundationmascherineRoyal Melbourne Institute of Technology

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