Con la mobilità elettrica si salvano vite e si risparmia sui costi della sanità

di Giovanni Franchini

20/06/2020

Il 20% di auto private elettriche in più comporta 63 morti premature in meno e un risparmio di costi sanitari di 500 milioni di dollari. Se le città riuscissero a convertire in elettrico tutto il trasporto pubblico, le morti premature in meno sarebbero 143 con un risparmio di 1.1 miliardi di dollari. E ancora: il 100% di camion di ultima generazione comporta un risparmio di vite pari a 275, fino allo scenario più ottimista: 100% di auto private elettriche significa 313 morti in meno e un risparmio per la sanità pubblica di 2.4 miliardi di dollari. 

Che l'elettrico, la e-mobility, faccia bene all'ambiente, al pianeta e alle città è un argomento ormai pacifico. Quello che invece non si sapeva ancora, o meglio non era stato ancora calcolato, era lo stretto rapporto tra incremento della mobilità elettrica e risparmio di vite umane e di soldi per le casse della sanità pubblica. 

L'ultimo rapporto, in ordine di tempo, arriva dal Canada, precisamente dall'Università di Toronto. Il rapporto "Clearing the Air. Come i veicoli elettrici e i camion più puliti possono ridurre l'inquinamento, migliorare la salute e salvare vite nella Greater Toronto", calcola e descrive i benefici per la salute se in una qualunque città (il rapporto prevede situazioni di partenza tipiche di tutte le grandi città occidentali) si utilizzassero veicoli più puliti. 

In sostanza, per ogni veicolo elettrico acquistato corrisponde a benefici alla società quantificabili in 10.000 dollari.

"L'esposizione all'inquinamento atmosferico legato al traffico è una grave preoccupazione per la salute pubblica - ha affermato Helen Doyle, presidente del gruppo di lavoro sulla salute ambientale della Ontario Public Health Association nel presentare il rapporto - l'inquinamento è responsabile di centinaia di morti premature ogni anno nella Greater Toronto e contribuisce alle malattie respiratorie come l'asma, le condizioni cardiovascolari e il cancro ai polmoni". 

Il rapporto pone l'accento soprattutto sul fatto che l'inquinamento atmosferico si accanisce soprattutto sulle fasce più deboli e vulnerabili delle popolazioni delle città. Colpisce infatti soprattutto i bambini piccoli, le persone con patologie mediche di base, quelli che vivono vicino a strade trafficate e le persone che affrontano barriere socio-economiche più elevate (periferie e minore accesso ai servizi pubblici) e che sono maggiormente a rischio. 

Inoltre quando si parla di inquinamento, il pensiero va automaticamente a quello atmosferico, ma c'è anche un altro tipo di inquinamento da non sottovalutare, che è quello acustico. 

Il lockdown ci aveva fatto entrare in una dimensione cittadina che non avevamo mai conosciuto, quella del silenzio, legato al minor utilizzo di mezzi di trasporto: aerei, macchine e treni. Ora con la ripartenza è tornato il rumore e non è un bene. 

Secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente il secondo fattore ambientale più dannoso per l’uomo è l’inquinamento acustico. Il danno causato alle persone non è solamente a livello uditivo, ma comporta pesanti conseguenze su tutta una serie di malesseri collegati, a cominciare da abbassamenti dei sistemi immunitari, di peggioramenti di quelli cardiovascolari e neurologici che tutti assieme causano oltre 12 mila morti premature all’anno e 48 mila nuovi casi di cardiopatia ischemica in tutta Europa.

La transizione verso l’elettrico (automobili, moto e scooter, trasporti pubblici, bike e monopattini) è perciò quanto mai necessaria e urgente. Lo diceva anche l’ultimo rapporto di Legambiente, pubblicato a gennaio 2020, poco prima che il lockdown lo dimostrasse con una gigantesca prova generale applicata su tutto il pianeta, che raccomandava al governo italiano di fissare alcune priorità non più eludibili. 

Si va dal “diminuire drasticamente il tasso di motorizzazione (tra i più alti d’Europa) riportandolo a livelli delle più evolute nazione europee”, all’uscita “progressiva ma inesorabile delle auto dalle città con un vero e proprio cambio di paradigma ovvero passare dalla progettazione delle città per le auto al progettare le città per le persone”, fino agli “incentivi sulle emissioni” basate su “criteri sociali”, per cui si fa pagare meno a chi ha un reddito più basso e prevedendo un bonus rottamazione che premi chi rottama le vecchie auto inquinanti come ad esempio i diesel, anche senza l’acquisto di nuove per ridurre il parco circolante nel nostro Paese. 

La transizione all’elettrico va percorsa, dice Legambiente anche attraverso l’intermodalità. Ovvero automobili sì, ma molte di meno ed elettriche, noleggiate e condivise da diversi utenti ogni giorno.
Servono poi molti mezzi leggeri, facilmente trasportabili (bici pieghevoli, monopattini) su mezzi pubblici veloci, a zero emissioni, puntuali e di agevole accesso.

In Italia supera il 50% degli spostamenti a zero emissioni solo Milano: grazie soprattutto al 73% di spostamenti con mezzi pubblici in modalità elettrica (frequenza mezzi/passeggeri) con le 4 linee metropolitane, il passante ferroviario nelle tratte urbane e i tram, filobus e i primi autobus elettrici. 

Insomma, l’elettrico conviene a tutti, specialmente ai più deboli. E non c’è niente di più democratico di questo.
 

Tag:  Legambientemobilità dolcemobilità elettricamobilità sostenibilesostenibilitàSostenibilità ambientaleUniversità di Toronto

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