Cos'è successo al mondo mentre non c'eravamo

di Andrea Begnini

09/06/2020

“Sarà come se non fosse mai successo”, queste le parole al Washington Post del professor Robert Jackson, docente all’Università di Stanford e fra gli autori di uno studio pubblicato da Nature su quello che è accaduto al pianeta in questi mesi di lockdown, in termini di riduzione di CO2 e di altri parametri d'inquinamento. “Nel 2008, a causa della crisi finanziaria, le emissioni inquinanti scesero dell’1,5%... per poi risalire del 5% nel giro di un paio d’anni”. Ecco, perché secondo Jackson, sarà come se non fosse mai successo, soprattutto se non terremo conto di quello che facciamo negando o svalutando ogni parametro scientifico. Certo, secondo le stime, il lockdown ha imposto un fermo alle attività umane che si potrà tradurre, alla fine dell’anno, in un calo delle emissioni inquinanti compreso fra il 4 e il 7%. Mica male ma non ancora sufficiente, soprattutto se non riusciremo a consolidarlo ora che siamo di nuovo in pista: secondo un report dell’Onu le emissioni dovrebbero calare ben oltre il 7% l’anno, ogni singolo anno, per evitare effetti irreversibili sul clima. Il che, a conti fatti, non è accaduto nemmeno restando in casa.

Secondo lo studio di Nature, i livelli di inquinamento sono senz'altro significativi anche se disposti a macchia di leopardo nel sistema produttivo tra gennaio e aprile 2020: -60% per il trasporto aereo, -36% per quello su gomma che ha comunque continuato a muoversi, -19% per l’industria e +3% per le abitazioni private, com'era prevedibile. In certe zone del pianeta è andata perfino peggio; in Amazzonia, per esempio, nel solo marzo sono stati spazzati via oltre 520 chilometri quadrati di alberi, il dato peggiore degli ultimi dieci anni, a un ritmo di deforestazione che nei primi 3 mesi del 2020 è cresciuto del 50% rispetto allo stesso periodo del 2019. Perché? Le guardie forestali sono state in quarantena per evitare il contagio ma i piromani no. E il problema è anche, presto, diventato umanitario colpendo gli indigeni: a fine maggio nel territorio amazzonico ci sono stati circa 7500 morti di coronavirus, quasi 160mila contagiati.

Secondo gli scienziati del Programma Copernicus dell'’Unione europea, il maggio appena concluso è stato quello più caldo degli ultimi 40 anni, con una temperatura media più alta di 0.6 gradi. Inoltre, i 12 mesi fra giugno 2019 e maggio 2020 sono stati più caldi di 0.7 gradi rispetto alla media, pareggiando il primato dell'anno più caldo di sempre. Infine, l’osservatorio americano di Mauna Loa ha rilevato che le concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera sono salite fino a raggiungere le 414,7 parti per milione, il valore più alto negli ultimi 3 milioni di anni. L'esperienza dimostra, sempre secondo gli esperti che hanno condotto lo studio su Nature: “Quanto siano importanti i cambiamenti strutturali del sistema energetico se il mondo vuole ridurre le emissioni in modo significativo e sostenibile”. Corinne Le Quéré, autrice principale dello studio e direttore del Tyndall Centre for Climate Change Research britannico, conclude l'intervista sul Washington Post dicendo di avere sperato di registrare durante la pandemia riduzioni ancora maggiori nei settori dell'energia e dell'industria. “Invece, molte emissioni di anidride carbonica e di altri inquinanti sono continuate costantemente, quasi con il pilota automatico, anche se gran parte del mondo si è fermata”.
 

Tag:  emissioni CO2inquinamento atmosfericolockdownriscaldamento globale

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