Del riso non si butta via niente

di Giovanni Franchini

17/01/2020

Del riso non si butta via niente
Dai diamanti non nasce niente, dal riso può nascere l'oro. Parafrasare un celebre verso di Fabrizio De Andrè è forse il modo più efficace per descrivere i tanti utilizzi e riutilizzi degli scarti della lavorazione del riso. Quelli che una volta erano considerati irrimediabilmente come rifiuti di cui disfarsi, oggi diventano nuova risorsa e materia prima in tanti ambiti, alcuni davvero insospettabili, come i farmaci antitumorali o gli pneumatici delle automobili. Il riso può arrivare finanche a ricreare se stesso, in una mirabile sinergia di riutilizzo circolare utilizzando le capsule esauste delle macchine del caffè.

Partiamo da un dato. L'industria dell'agroalimentare produce una quantità notevole di scarti e in molti settori il riciclo è minimo e lo smaltimento a volte un vero rompicapo, spesso con ricadute pesanti per l'ambiente. E' il caso del riso, del quale l'Italia è uno dei maggiori produttori europei e per il quale lo smaltimento dei rifiuti derivanti dal ciclo produttivo ha rappresentato per decenni un vero problema. Per una tonnellata di riso bianco si producono 1,3 tonnellate di paglia, 200 chili di lolla, la “buccia” che racchiude il chicco, e 70 chili di pula, il residuo che si ottiene dalla sbiancatura del prodotto. Smaltire questi scarti è da sempre il grande problema del settore. Se viene bruciata, la paglia provoca fumi inquinanti. Se la si interra, in caso di allagamento dei campi, emette gas metano che aumenta l'effetto serra. Ed è difficilmente riutilizzabile: la percentuale di riciclo non supera il 6%. Almeno finora.

Oggi è molto diverso. Grazie alla ricerca applicata, alla tecnologia e ai principi dell'economia circolare, la paglia di riso è diventata una materia prima in bioedilizia e bioarchitettura. Nuovi mattoni per costruire edifici vengono fatti in paglia, e risultano molto più economici di quelli tradizionali, posseggono forti proprietà isolanti e al tempo stesso sono traspirabili. Li chiamano mattoni sostenibili perché sono biodegradabili, maneggiabili con facilità e quindi trasportabili in cantiere a costi ridotti. Per questo la paglia di riso è il punto di forza del progetto Ricehouse di Tiziana Monterisi, architetto di Andorno Micca, Biella, a capo dello studio specializzato nella progettazione e realizzazione di edifici con materiali di origine naturale o riciclati. Già ad Expo 2015 lo studio Monterisi aveva esposto il modello di una casa interamente realizzata in paglia di riso. E con la paglia la Ricehouse oltre ai mattoni ci ricava intonaci, malte, massetti, che le sono valsi un diluvio di premi, dal “Good Energy Award”, il Premio per lo Sviluppo Sostenibile 2018, al Premio speciale dell’agenzia CasaClima sempre nel 2018.

Un altro riutilizzo della paglia consiste nel mischiarla con la lana scarto della tosatura delle pecore per ricavarne pannelli isolanti come nel caso dei un'altra azienda biellese, la Davifil, specializzata nella produzione di isolanti a base di lana e canapa e che presto potrebbe sostituire la canapa con la paglia di riso.

Un altro scarto del riso è la lolla, la “buccia” del chicco di riso che viene asportato meccanicamente con un processo che si chiama sbramatura. Da sempre utilizzata come lettiera per gli animali da stalla, oggi ha trovato diversi utilizzi in molti campi, a cominciare dal giardinaggio e florovivaismo. La Future Power produce una linea di vasi per giardinaggio che mirano a sostituire completamente i vasi in plastica e ha in programma di realizzare imballaggi e packaging naturali e biodegradabili.

Usa la lolla anche Pirelli che ha iniziato gli studi su un possibile uso di questo scarto fin dal 2011 e che attualmente utilizza il silice estratto dalla lolla per ridurre l'attrito da rotolamento dei pneumatici senza comprometterne la tenuta. Con un doppio vantaggio: il processo di estrazione del cilice prevede la combustione della lolla, che Pirelli utilizza come biomassa per produrre energia riducendo così l'impiego di carburanti e fonti non rinnovabili.

Dalla gomma all'arredamento; Ikea utilizza gli steli del riso per produrre la collezione Förändring, parola che significa “cambiamento” per una linea che comprende paralumi, vasi e tappeti realizzati con una polpa di scarti tessili e scarti del riso, mentre nel caso dei tappeti, gli steli vengono intrecciati fino a crearne un tessuto.

Anche la farmacologia si nutre di scarti del riso: la pula,  il residuo farinoso ricco di grassi che si ottiene dalla sbiancatura, finora veniva usato solo per i mangimi animali ma di recente la farmacologia la utilizza per produrre sostanze utili per ridurre il colesterolo, mentre dei recenti test ne hanno accertato le proprietà antitumorali.

Come si vede il circolo virtuoso del riso permette moltissime applicazioni in grado di assicurare la circolarità economica di tanti scarti e sottoprodotti che diventano materie prime e seconde in altre e diversissime filiere produttive. Ma quello che pochi potevano immaginare è che uno scarto/rifiuto del riso, potesse poi ritornare ad essere com'era prima, cioè ancora una volta riso.

È successo nel programma “Da Chicco a chicco” di Nespresso, progetto di raccolta e riciclo delle capsule in alluminio esauste delle macchine del caffè, progetto che rappresenta un chiaro esempio di economia circolare. Le capsule vengono recuperate e avviate al processo di riciclo. L’alluminio viene riciclato interamente, il residuo di caffè viene utilizzato come fertilizzante per la risaia di Roncaia, Pavia, per diventare riso, che verrà poi acquistato dalla stessa Nespresso per essere donato al Banco Alimentare della Lombardia che lo distribuirà a chi più ne ha bisogno, realizzando quello che è uno dei principi e scopi principali dell'economia circolare: dalla culla per ritornare alla culla, in un continuo circolo virtuoso.
 

Tag:  bioediliziaeconomia circolareindustria agroalimentareriso

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