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Design e sostenibilità. Intervista a Giorgio Caporaso
Design e sostenibilità. Intervista a Giorgio Caporaso
di Mario Gerosa
21/10/2020
Parlare di design e sostenibilità significa considerare una materia estremamente complessa che riguarda tanto la produzione quanto la vita dell’oggetto. Giorgio Caporaso, architetto e designer che da anni studia attivamente questa materia, nei suoi progetti punta su un percorso virtuoso che tocchi ogni fase del processo, nell’ottica di un design sostenibile. O di un design circolare, come lo definisce lui stesso.
A che punto è il design sostenibile?
Fino a qualche anno fa si parlava di design sostenibile, di ecodesign, in maniera più astratta. Oggi invece si tende a prendere concretamente in considerazione questo concetto quando si progetta. È un approccio che ormai è parte integrante di una nuova consapevolezza, diffusa anche tra i non addetti ai lavori.
La gente è sensibile al tema del design sostenibile?
L’attenzione per questi temi è aumentata molto negli ultimi anni. Però chi acquista solo prodotti sostenibili fa ancora parte di una nicchia. Siamo abituati ai prodotti low cost e quando si compra un oggetto si guarda molto al prezzo. E non parlo solo degli arredi.
Come cambia l’estetica del design con l’utilizzo di materiali sostenibili e di riciclo?
Il rapporto tra progetto e materiale scelto è sempre un dialogo ed un confronto importante, un dialogo approfondito tra trasformazione e lavorazione della materia e prodotto finito, un dialogo costruttivo e spesso impegnativo e la scelta del materiale determina anche una certa estetica. Può succedere che un progetto esalti i materiali oppure può capitare che li nasconda, magari coprendoli con altri materiali. Naturalmente anche i materiali sostenibili hanno una forte influenza sulla forma dell’oggetto.
Twist Chair e Scrivania Licheni - Caporaso Design
Il design sostenibile è più caro?
Penso di non sbagliare nel dire che un buon design a volte potrebbe sembrare più caro perché ha un impegno di tempo e risorse maggiore di un design più superficiale che magari non si pone dubbi su altri aspetti oltre quelli puramente formali. Ma il buon design porta inevitabilmente migliori risultati, e più duraturi, di un design superficiale, quindi usando diversi parametri da valutazione un buon design alla fine non risulterebbe più caro. Quindi si potrebbe dire che se il design sostenibile è un buon design potrebbe entrare in questo ragionamento e non essere più caro. Stesso ragionamento si potrebbe fare sulla produzione. Una produzione in ottica sostenibile e realizzata, anche proprio per questo, in certi luoghi e territori, tendenzialmente ha dei costi maggiori rispetto ad una produzione massificata che non prende in considerazione i parametri della sostenibilità ambientale. Nel campo dell’arredo i materiali naturali non sempre permettono di produrre in grande scala, a ritmi sostenuti, e a volte richiedono anche una continua componente manuale, dove l’intervento prezioso dell’uomo e l’artigianalità, anche se magari nella parte finale della produzione, sono parte importante del processo. In molte situazioni penso che almeno per ora sia così. Comunque si stanno studiando sempre nuovi materiali sostenibili, che possano essere stampati, ottimizzando anche la produzione. In ogni caso, aldilà del prezzo, bisogna sempre considerare l’impatto che ha un prodotto, e come la sua conformazione incide sul suo ciclo di vita. E anche qui, forse, allora si potrebbe parlare, rifacendosi al concetto del design sopra espresso, di buona produzione alternativa ad una produzione più superficiale che non si pone nessun dubbio anche sull’aspetto ambientale.
Quali sono le buone pratiche da osservare?
È importante seguire le aziende che fanno ricerca e investono sulla sostenibilità e soprattutto adottare nuovi paradigmi di pensiero, considerando la questione del design sostenibile, o circolare, nella sua complessità. In molti miei progetti mi sono sempre sforzato di capire cosa succedesse al prodotto nel tempo, come fosse la qualità della sua vita, valutando aspetti come la modularità e la componibilità. E anche alla trasformabilità. Cerco sempre di vedere come il prodotto possa adattarsi a situazioni differenti e a modifiche che intervengono nel corso dell’esistenza di chi lo utilizza.
Giorgio Caporaso Ecodesign Collection
Quali sono i punti fermi in un progetto di design sostenibile?
Sono molti. Per esempio, è consigliabile secondo me, riuscire ad elaborare un modulo che sia il più semplice possibile e costruire elementi finiti che possano adattarsi tra loro. Un altro aspetto di cui tener conto è la multifunzionalità: se hai un prodotto con due funzioni, hai un prodotto in meno. E poi c’è il discorso della riparabilità: avere a disposizione pezzi di ricambio consente di sostituire le parti che si deteriorano di più nel tempo o che si rompono e poterle sostituire per allungare la vita del prodotto stesso. Bisogna poter riparare anche le parti esterne dei prodotti, come il rivestimento di una libreria o di un divano, ma anche quelle interne. Nel mondo dell’arredo, penso sia un concetto ancora poco diffuso: ancora adesso si parla poco di arredi riparabili dall’utente.
Per queste ragioni alcuni arredi e oggetti iconici in produzione da tempo e concepiti in un altro modo potrebbero sparire?
Penso di no, anzi, alcune aziende hanno iniziato a sostituire alcuni elementi di quegli oggetti iconici, per dar loro una maggiore sostenibilità. E poi un oggetto iconico parla dello spirito e della cultura del tempo in cui è nato, e quello è già un grande valore storico e di racconto, di sfide e di ricerche, di soluzioni trovate sia progettuali che costruttive. Racconti e storie che non vanno perse. Lo stesso vale per i prodotti in plastica, creati quando la plastica era ancora un materiale da scoprire e sperimentare. Così come era innovativo scoprirne i limiti di utilizzo e ricercare nuove caratteristiche formali e funzionali. Quei pezzi, alcuni bellissimi, devono rimanere com’erano stati progettati in origine come racconto e testimonianza, ma forse si possono trasformare, rendendoli più sostenibili e partecipanti anche loro di un nuovo messaggio mutato rispetto al tempo in cui erano nati. Questa potrebbe essere, forse, la loro seconda vita, in un mondo ormai mutato in cui le sfide da affrontare sono ormai diverse da quando erano stati ideati e concepiti. Sfide tra l’altro sempre più gravi ed urgenti.
LessChair & Clessidra Quadrato Lessmore - Caporaso Design
Quali sono le prospettive per il design della plastica in un’ottica di sostenibilità?
Gli oggetti in plastica, che tra l’altro sono fondamentali in taluni ambiti, come quello medicale-sanitario, non saranno certo banditi finché non si troveranno alternative credibili. Sicuramente, però, la plastica, come ogni altro tipo di materiale, se non viene usata correttamente, e in particolare smaltita correttamente, diventa un grosso e grave problema. È il caso della plastica usa e getta: pensiamo a tutte le microplastiche che sono presenti nei mari per esempio. Ci sono già delle leggi che normano il settore della plastica usa e getta, ed anche la sua sostituzione, ma bisognare ragionare a 360 gradi su un uso consapevole in generale di questo materiale, e anche considerare tutto il ciclo del prodotto. E soprattutto, secondo me, è importante investire sempre più nella ricerca e nell’innovazione scientifica, per trovare materiali alternativi come le bioplastiche, e continuare con sempre maggiore convinzione, e risorse, sulla strada della ricerca scientifica e dell’innovazione per la scoperta di nuovi materiali e processi meno impattanti e inquinanti sull’ambiente.
La sostenibilità è legata a un’idea di lunga vita del prodotto, e questo va contro i dettami delle mode, che tendono a consumare tutto in fretta.
Per tentare di ovviare a questo rischio ho pensato di sostituire soltanto la “pelle”, la finitura esterna, del prodotto: ho creato una collezione di arredi e complementi di arredo dove si possono cambiare anche solo le finiture. È un modo per contrastare l’obsolescenza: se si compra una libreria con la finitura laccata rossa e poi la si vuole cambiare, lo si può fare. Per esempio si può optare per una finitura in rovere, tenendo quella libreria. È un accorgimento che allunga il percorso di vita del prodotto.
Sempre in quella collezione, gli arredi sono totalmente disassemblabili: il materiale può andare direttamente allo smaltimento differenziato, al riciclo, e rientrare nuovamente, riciclato, nel ciclo produttivo.
LessChair Lessmore - Caporaso Design
Quali sono i Paesi più attenti alla ricerca sul design sostenibile?
Penso che i Paesi nordici abbiano una grossa tradizione in quest’ambito, ma direi che l’Europa in generale si stia dimostrando sempre più sensibile nei confronti di questi temi. Si sente la necessità di trovare un equilibrio sostenibile tra la nostra necessità di vivere e di crescere e quella, non meno rilevante, di non distruggere tutto ciò che ci circonda. Anche perché non abbiamo un pianeta di riserva, non esiste un pianeta B.
A quali progetti sta lavorando il suo studio?
A una serie di progetti e uno di questi riguarda il Natale ecosostenibile. Il Natale è una delle feste più sentite del mondo occidentale, ma anche qui si produce parecchio inquinamento. Stiamo lavorando da quattro anni a questo progetto, con una collezione basata il più possibile su materiali naturali, che rappresenti una valida alternativa all’utilizzo massiccio di prodotti di plastica. Poi c’è in programma una collezione di mascherine realizzate con un tessuto derivato dal riciclo della plastica recuperata dal Mar Mediterraneo.
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Mario Gerosa
Giornalista e scrittore, esperto di design e di mondi virtuali.
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