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Economia circolare 2020: bene ma non benissimo
Economia circolare 2020: bene ma non benissimo
di Andrea Begnini
19/03/2020
Presentato il Rapporto nazionale sull'economia circolare in Italia 2020, realizzato dal Circular Economy Network. Partiamo dalle parole del suo presidente Edo Ronchi: "Sotto il profilo del lavoro, siamo secondi solo alla Germania, con 517.000 occupati contro 659.000. Percentualmente le persone che nel nostro Paese vengono impiegate nei settori 'circolari' sono il 2,06% del totale, valore superiore alla media UE 28 che è dell'1,7%. Ma oggi registriamo segnali di un rallentamento, precedente anche alla crisi del Coronavirus, mentre altri Paesi si sono messi a correre: in Italia gli occupati nell'economia circolare tra il 2008 e il 2017 sono diminuiti dell'1%. È un paradosso che, proprio ora che l'Europa ha varato il pacchetto di misure per lo sviluppo dell'economia circolare, il nostro Paese non riesca a far crescere questi numeri".
Sta tutto in queste poche frasi il panorama 2020 del settore. Parliamo, quindi, dell'economia circolare come di un settore che in Italia funziona. Il nostro paese, infatti, si conferma ai primi posti in Europa nella classifica per indice di circolarità, ovvero il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse in cinque categorie: produzione, consumo, gestione rifiuti, mercato delle materie prime seconde, investimenti e occupazione. Ma ci sono segnali di rallentamento rispetto a paesi come la Francia e Germania che restano da noi distanti in termini di performance assoluta ma hanno cominciato a correre veloci incrementando il proprio tasso di circolarità rispettivamente di 7 e 2 punti nell'ultimo anno.
Partiamo dalle cose buone, soprattutto dalla bioeconomia. Un settore che in Europa ha fatturato 2.300 miliardi di euro con 18 milioni di occupati. In Italia, l'insieme delle attività connesse alla bioeconomia registra un fatturato di oltre 312 miliardi di euro e circa 1,9 milioni di persone impiegate. Sono soprattutto l'industria alimentare, delle bevande e del tabacco e quella di agricoltura, silvicoltura e pesca a contribuire maggiormente al valore economico (per il 63%) e occupazionale ( per il 73%) della bioeconomia. Per quanto riguarda, invece, i segnali di rallentamento occorre considerare almeno due questioni: i brevetti e il quadro normativo. L'Italia ha un buon indice di efficienza: per ogni chilo di risorsa consumata si generano 3,5 euro di Pil, contro una media europea di 2,24. Ma gli investimenti nel settore dell'innovazione latitano e, di conseguenza, siamo all'ultimo posto per numero di brevetti. Sul fronte normativo, invece, si segnala la mancanza di una strategia nazionale e di un piano di azione per l'economia circolare, strumenti che risulterebbero di grandissima utilità anche per riavviare, una volta passata la crisi connessa all'epidemia di Coronavirus, il motore di un paese che, come il nostro, ha bisogno di grandi iniezioni di energia. In sostanza, conclude Roberto Morabito, direttore del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali di Enea: "L'andamento temporale degli indicatori mostra purtroppo un peggioramento per il nostro paese. Stiamo pericolosamente rallentando e se continuiamo così corriamo il rischio di essere presto superati dagli altri paesi, che invece nel frattempo stanno accelerando. Serve un intervento sistemico con la realizzazione di infrastrutture e impianti, con maggiori investimenti nell'innovazione e, soprattutto, con strumenti di governance efficaci, quali l'Agenzia nazionale per l'economia circolare".
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