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Il futuro degli elettrodomestici casalinghi sarà l’affitto. Colloquio con Luca Campadello, di Ecodom Consorzio.
Il futuro degli elettrodomestici casalinghi sarà l’affitto. Colloquio con Luca Campadello, di Ecodom Consorzio.
di Giovanni Franchini
23/07/2020
Il contenimento delle emissioni inquinanti e una corretta gestione del trattamento dei rifiuti dei grandi elettrodomestici, frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, congelatori, chiamati in gergo "I Grandi bianchi" è una delle sfide ecologiche del nostro tempo, impensabile da vincere senza un massiccio utilizzo dei principi dell'economia circolare.
Ogni fase della vita di questi elettrodomestici, dalla produzione alla distribuzione, dall'utilizzo, alla dismissione fino al trasporto in discarica e allo smaltimento, comporta emissioni inquinanti nell'atmosfera e nel suolo. Inquinamento per produrli, per distribuirli, per portarli nelle case, per seguire i proprietari in eventuali traslochi, oppure per essere rottamati e sostituiti con il nuovo anche se non sono arrivati a fine vita. Tutto questo produce alti livelli di emissioni inquinanti e una montagna di rifiuti che spesso seguono flussi di smaltimento non legali per finire in discariche abusive dove producono diossina per incendi illegali.
Il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti elettronici (RAEE) è assicurato in Italia dai consorzi di raccolta, senza i quali le nostre discariche e anche le nostre città sarebbero sommerse dai rifiuti. Per dare un numero che renda l’idea solo nel 2019, secondo i dati del Centro di Coordinamento RAEE, la raccolta complessiva si è attestata a 343 mila tonnellate per un dato medio pro capite di 5,7 kg per abitante.
Uno dei consorzi più attivi nella raccolta dei “Grandi bianchi” è il milanese Ecodom, che nel 2019 ha gestito circa 122 mila tonnellate di rifiuti, una montagna pari a 156 treni Freccia Rossa 1000.
Con Luca Campadello, projects e researches manager di Ecodom, abbiamo parlato degli scenari futuri del settore dei "Grandi bianchi" e di come i principi dell'economia circolare, assieme all'innovazione, possano e debbano essere alla base di una nuova visione del settore dei grandi elettrodomestici.
Ingegner Campadello, quale è lo stato attuale della raccolta dei rifiuti elettronici? Quanti ancora finiscono in discariche, magari abusive?
Il flussi cosiddetti "informali", cioè quelli generati da smaltitori non autorizzati, sono ancora importanti. Di recente abbiamo fatto un esperimento inserendo un gps in duecento elettrodomestici a fine vita. Abbiamo visto che solo tre hanno preso la via dell'estero, mentre il 38 % dei RAEE è finito in qualche impianto italiano non autorizzato al trattamento di questi rifiuti. Lo smaltimento incontrollato e antiecologico è ancora un grande problema nel nostro paese.
Chi deve fare di più e come?
Le autorità devono fermare questi flussi “paralleli” controllando gli impianti, ma sono necessarie anche leggi adeguate che non lascino, come in Italia, ad esempio, maglie troppo larghe in cui infilarsi. In Francia ad esempio c'è una legge che dichiara espressamente che solo i consorzi possano gestire i rifiuti elettronici e che prevede grosse multe e anche la chiusura per gli impianti che non la rispettano.
Come si può immaginare questo settore attraverso l'applicazione dell'economia circolare?
È essenziale. Cominciamo a monte, dalla produzione, ad esempio assicurando degli incentivi ai produttori che applicano l'eco design ai propri prodotti. Oggi qualsiasi produttore di elettrodomestici è obbligato, giustamente, a stanziare una cifra per ogni prodotto che esce dai propri stabilimenti per finanziare il corretto smaltimento dei rifiuti. Ma non c'è alcuna differenza tra chi progetta un prodotto facilmente recuperabile e ricondizionabile, e uno non riciclabile destinato quasi interamente alla discarica. Ha poco senso. Bisogna invece premiare chi già a monte pensa ad una produzione sostenibile. Un’altra cosa da fare sarebbe incentivare i produttori a mettere sul mercato anche i prodotti non conformi (per motivi estetici) ma ugualmente funzionanti. Oggi quei prodotti vengono rottamati inutilmente, quando invece potrebbero essere veicolati in linee commerciali apposite, come succede per l’abbigliamento. È assurdo che prodotti funzionanti vengano trattati come rifiuti.
Di recente ha fatto notizia un progetto di cui siete partner, il Circular Housing Project, un progetto di appartamenti in affitto a canoni calmierati nei quali avete previsto di fornire agli inquilini anche arredi ed elettrodomestici di ultima generazione. È questo il futuro, una distribuzione innovativa, magari collegata ad un affitto e non ad un acquisto di elettrodomestici?
Il Circular Housing Project è un esperimento finanziato dall’EIT Climate-KIC che abbiamo progettato con il coordinamento di REDO SGR, perché ci sembra una gran bella idea. Il progetto prevede di fornire agli inquilini una dotazione di arredi ed elettrodomestici di ultima generazione, di prima classe energetica e dunque con meno consumo di energia e meno emissioni, prodotti che di solito non vengono scelti da un inquilino in affitto con magari solo quattro anni di contratto davanti. Al termine del contratto, l'inquilino va via ma gli elettrodomestici restano in casa, e se ce n'è bisogno vengono ricondizionati per un nuovo ciclo di vita, come se fossero nuovi. Questo comporta nessun trasloco di materiali pesanti, nessuno rifiuto da portare in discarica, nessun acquisto di nuovi elettrodomestici. Dal punto di vista ambientale è sicuramente un progresso. Bisogna però studiarne la fattibilità economica, fissare un canone che sia sostenibile per l'inquilino, individuare gli interlocutori necessari, chi compra gli elettrodomestici? Chi provvede alla manutenzione? Chi incassa i canoni di affitto?
Insomma c'è da individuare un modello di business del tutto alternativo?
Esatto e questo è il compito del dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano che sta verificando tutti i passaggi di questa nuova visione di utilizzo degli elettrodomestici nelle nostre case. Se il progetto sarà fattibile, allora si potrebbe aprire davvero un nuovo scenario nel settore: affitto invece di vendita, fidelizzazione del cliente invece che nuovo cliente da parte dei produttori ma soprattutto una grande ricaduta positiva ambientale, in termini sia di mancate emissioni di Co2, sia in termini di presenza di rifiuti nel territorio.
Quando avremo notizie in merito al Circular Housing Project?
Il progetto di Social Housing è già partito. Oltre tremila famiglie sono già negli appartamenti, che è esattamente la situazione di cui avevamo bisogno, ovvero testare la fattibilità dell’idea su famiglie realmente esistenti. Nel prossimo mese di dicembre avremo definito i numeri necessari perché funzioni e individuato gli interlocutori. A quel punto, se avremo trovato la quadra, partiremo con la sperimentazione.
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