Il petrolio verde (tutto italiano) del fico d'India

di Giovanni Franchini

24/02/2020

In Sicilia già lo chiamano in un altro modo: petrolio verde. E per gli agricoltori già si è trasformato in una nuova, e importante, fonte di ricavo alternativa rispetto a quella tradizionale. Si tratta del fico d'India, il frutto che tutti conosciamo e che grazie alle nuove tecnologie e ai principi dell’economia circolare, sta conoscendo una nuova vita, impiegato in filiere produttive diverse e materia prima di prodotti diversissimi tra loro. Lo ha spiegato all’ultimo Maker Faire di Roma, ad ottobre 2019, Lorena Bacchetta, a capo del laboratorio Pro Bio dell’Enea, durante uno speech dedicato proprio al frutto siciliano e ai suoi nuovi orizzonti.

Materia chiave, i cladodi (le “pale” del cactus), da cui si estrae un succo, la mucillagine, oggi già utilizzata per la produzione di biofilm, pellicola che funge da addensante alimentare, ma gli utilizzi, ha spiegato la ricercatrice, sono potenzialmente moltissimi. Ad esempio combinando la mucillagine con altri elementi naturali si può ricavare una plastica biodegradabile, oppure, utilizzandola come consolidante, si ottiene una malta molto efficace per il restauro di monumenti e beni culturali. Inoltre, sempre dalla mucillagine, si ottengono materiali per mobili, artigianato e produzione di carta.

Arrivato in Italia subito dopo la scoperta dell’America, il fico d'India ha trovato nel sud del nostro paese il suo microclima ideale. Al punto che oggi l’Italia è il terzo produttore al mondo, subito dopo Messico e Stati Uniti, e il primo in Europa. Ma potrebbe diventare il primo al mondo in riutilizzo e riciclo del frutto che già gli Aztechi consideravano sacro per le sue proprietà benefiche per la salute.

Il grosso della produzione del fico d'India è in Sicilia, regione che costituisce oltre il 90% della produzione nostrana. Il “Ficodindia dell’Etna” è DOP dal 2003 e il “Ficodindia di San Cono” lo è dal 2012. In itinere anche il DOP del “Ficodindia di Santa Margherita del Belice”. Il resto delle produzioni è sparso tra Puglia, Calabria e Campania. Dal cactus, da sempre, si preleva il frutto, e il resto della pianta, veniva lasciato a macerare sul terreno o diventava biomassa dopo una faticosa e a volte antieconomica raccolta.

Questo almeno fino all’avvento di Bioinagro, startup di Licata, Agrigento, che ha ribaltato il concetto di utilizzo e individuato con il progetto “Opuntia Biotech” almeno tre diversi semilavorati della mucillagine nelle sue varianti liquide, succo concentrato ed essiccato per altrettante filiere produttive che vanno dalla nutraceutica – branca della farmaceutica che produce i nutraceutici, principi nutritivi degli alimenti benefici per la salute – alle biomolecole per l’uso farmaceutico e in prospettiva, per la cosmesi, mentre per il secco se ne prevede un utilizzo in bioedilizia.

La circolarità di Bioinagro è testimoniata anche dal metodo usato per l’essiccazione delle pale dei cactus, ottenuta mediante l’utilizzo di speciali pannelli fototermici, realizzati in collaborazione con il Cnr di Palermo, che consentono di abbattere i costi energetici del 50%. Inoltre sono stati testate e messe a punto soluzioni di agricoltura 4.0 – in collaborazione con altre realtà tecnologiche innovative come la Agrowireless di Rtw System – per la “fertirrigazione di misura”, che consente di dosare l’acqua penetrando nel terreno solo quanto basta per irrigare le radici, risparmiando fino al 70% di acqua, risorsa da sempre preziosissima sull’isola.

A partire dai primi mesi del 2020, tutti questi procedimenti saranno verticalizzati nella prima bioraffineria integrata in cui tutti i bioprocessi – oltre al fico d'India, in Bioinagro si lavora anche sulla canapa – per la realizzazione di semilavorati nei campi alimentare, farmaceutico, ambientale e altre applicazioni ad alto valore aggiunto.

Intanto il fico d'India riesce a differenziarsi anche in altre filiere. All’ultima Lineapelle, la kermesse milanese dedicata al settore, due giovani agricoltori messicani, Adrian Lopez Velaverde e Marte Cazaréz hanno presentato il primo tessuto vegetale simile alla pelle, interamente realizzato con gli scarti del ficodindia. “Un abitino, una borsa, una cintura, un cinturino per orologio, una piccola libreria, una poltrona. Qualunque pelle può essere sostituita da questo tessuto; la pelle animale o la pelle sintetica possono essere sostituite da quelle vegetali, sostenendo l’ecosistema”, ha dichiarato Cazárez suscitando stupore ed entusiasmo nei stakeholder di settore.

Ed è vero. Il fico d'India in prospettiva può diventare molto altro. Come annunciato dalla dottoressa Bacchetta al Maker Faire 2019, in Messico l’Università di Guadalajara produce dal succo dei cactus plastica biodegradabile per imballaggi destinati a sostituire le confezioni di plastica dei supermercati.

In Puglia invece è già da qualche anno che le pale dei cactus vanno a finire nei mobili e nei complementi d’arredo. Marcello Rossetti, agricoltore pugliese con la sua Sikalindi, linea di agrimobili rivestiti dalla fibra di fico d'India, realizza oggetti e arredi unici grazie alle venature della fibra, che donano ai mobili un rivestimento dai colori e venature di grande effetto e che gli sono valsi il premio Oscar Green di Coldiretti.

Dagli agrimobili alle agrolampade, il passo è breve e lo ha compiuto Renato Belluccia, designer di Gela che, grazie al fico d'India, ha creato le Sciatù, lampade scultoree realizzate con le pale del cactus a fine vita, che oltre ai disegni e ai colori, sono accendibili al tocco, e una volta a fine vita interamente biodegradabili.

E infine, dal fico d'India nascono anche gli occhiali da sole. Alle ultime sfilate di Altaroma 2020, lo scorso gennaio, tra i 56 designer selezionati c’era anche lo stilista leccese Cristiano Ferilli, che ha presentato la sua linea di occhiali con montatura in fibra di fico d'India impiallacciata su legno di betulla. Gli occhiali portano il nome dai tre paesi pugliesi dai quali proviene la materia prima: Otranto, San Gregorio e Porto Miggiano, che da oggi sono l’epicentro della Puglia circolare.

Il fico d'India, se è circolare, è ancora più fico. 
 

Tag:  agricoltura sostenibileBioinagroeconomia circolarefico d'Indiafiliere produttive del fico d'India

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