Il progetto Biotech per investire su qualità e sostenibilità del Made in Italy agroalimentare

di Claudia Ceccarelli

07/04/2020

In Europa, la nostra agricoltura può esibire primati su primati, e tutti fondati sulla qualità. Siamo primi per produzioni tipiche, per produzioni certificate e per produzioni biologiche. Ma la crisi climatica in corso si sta facendo pesantemente sentire anche nel settore agroalimentare. Soprattutto per l’arrivo di nuovi patogeni che stanno attaccando quelle varietà tipiche italiane su cui si fonda l’eccellenza del nostro Made in Italy.

Vite, pomodoro, frumento, pesco, albicocco, ciliegio e melo sono alcune delle colture maggiormente minacciate dai cambiamenti climatici. Basti pensare che Coldiretti ha reso noto che, soltanto nel corso del 2018 , l’81,4% degli agricoltori italiani ha dovuto affrontare tempeste, frane e inondazioni, il 64,5% si è trovato a fronteggiare periodi siccitosi e il 58% ha combattuto contro insetti e parassiti che prima non c’erano.

Nello specifico, le risposte al grave problema delle fitopatologie che compromettono le produzioni possono essere diverse. Una può consistere nel ricorrere agli agrofarmaci; ma questa soluzione non è incoraggiata né dal legislatore né dai consumatori, soprattutto in Italia, che si distingue a livello europeo per il minor ricorso a sostanze chimiche in agricoltura, oltre a contenere molte incognite sul piano degli equilibri ambientali e della salute alimentare. 

Un’altra possibilità consiste nell’utilizzare meno le varietà tipiche italiane più fragili, facendo ricorso a cultivar estere, che risultano più robuste e resistenti. Anche questa opzione, tuttavia, presenta molti inconvenienti in termini sia di perdita di biodiversità sia di costi sia di dipendenza del settore agroalimentare nazionale da un sistema sementiero estero.  

Una terza risposta risiede nelle New breeding techniques (Nbt), biotecnologie all’avanguardia che permettono di modificare i geni di un organismo vivente in maniera veloce, precisa e sicura. Il principio è quello dell’incrocio genetico di Mendel, realizzato però in laboratorio, con tecniche avanzate che possono riguardare anche solo piccole sequenze genetiche e non necessitano dei temi di attesa delle diverse generazioni per ottenere gli obiettivi prefissati. Le Nbt, inoltre, consentono di selezionare con più precisione i cosiddetti tratti di interesse, permettendo anche di preservare l'identità specifica delle varietà italiane. 

Per questo è bene sottolineare che non si tratta di tecniche OGM, in quanto non vengono mai introdotti geni da organismi non sessualmente compatibili.
Per promuovere la ricerca genetica ed il settore sementiero, l'Italia ha deciso di investire sulla strada delle biotecnologie finanziando con 6 milioni di euro Biotech, un progetto di miglioramento genetico voluto dal Ministero delle Politiche agricole e gestito dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'economia agraria (CREA).
Nell’ambito del progetto, di cui è responsabile Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca genomica e bioinformatica del CREA, sono stati attivati oltre quindici gruppi di ricerca in Italia che operano con queste nuove tecnologie, e gli obiettivi per le diverse specie sono stati definiti in stretta sinergia con i portatori di interesse (associazioni di categoria, imprese, associazioni di produttori, di consumatori, ecc.).

In particolare le biotecnologie adottate nell’ambito del progetto Biotech sono la cisgenesi e il genome editing. Nel caso della cisgenesi, il gene che viene trasferito deriva esclusivamente da piante della stessa specie, o da specie sessualmente compatibili, mantenendo l’integrità strutturale e l’orientamento del gene originario. Per genome editing si intende, invece, l’insieme di quelle tecniche che consentono di modificare in maniera mirata specifici geni, inducendo tagli nel doppio filamento di DNA. Le piante così ottenute non contengono DNA diverso da quello presente nella loro specie e, di fatto, sono del tutto equivalenti a quelle che potrebbero risultare utilizzando tecniche convenzionali di miglioramento genetico basate sulle tecniche classiche di incrocio e selezione. 

Un esempio tipico di applicazione positiva delle Nbt è quello della viticoltura, sempre più alle prese con funghi che rendono necessari trattamenti stagionali mirati. Un modo per risolvere questo problema diffuso è stato quello di far incrociare varietà selvatiche portatrici di tratti di resistenza con varietà storiche nostrane. Tuttavia i vitigni che ne sono derivati sono sì resistenti ai funghi, ma hanno caratteristiche organolettiche diverse dai vitigni originari tradizionali. In questo modo risultano meno adatti alle produzioni Doc, perché estranei alla nostra tradizione vitivinicola e ai gusti dei consumatori.
Il ricorso alle Nbt invece potrebbe permettere di rendere resistenti le varietà autoctone, per esempio inserendo nel vitigno tradizionale un gene di resistenza proveniente da una vite selvatica (cisgenesi) o 'disattivando' un gene specifico (genome editing). Il vitigno resterebbe sempre lo stesso e si potrebbe produrre il vino tradizionale senza fare ricorso agli agrofarmaci.

Nonostante la ricerca stia facendo molti passi in avanti, esiste ancora un grosso problema legislativo legato all’impiego delle varietà di semi ottenuti con le Nbt. Ad oggi difatti una sentenza della Corte di giustizia europea li parifica agli OGM, pur non essendo transgenici, e li sottopone alla stessa normativa. Questo approccio legislativo da un lato rende molto difficile la loro registrazione e il loro utilizzo, dall’altro produce l’effetto collaterale, senz’altro non voluto, di aprire davvero alcuni settori, come quello della mangimistica, alla massiccia diffusione di derrate Ogm provenienti dall’estero.

Lo scopo del progetto Biotech del CREA va proprio nella direzione opposta, aumentare la competitività dell’agricoltura italiana garantendo una produzione sicura, nutriente, sostenibile e di qualità, nel rispetto della tradizione agroalimentare del Paese.    
 

Tag:  agricoltura sostenibileConsiglio per la ricerca in agricoltura e l'economia agraria (CREA)Ministero delle politiche agricole e forestaliProgetto Biotech

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