Il salto nell'uomo

di Andrea Begnini

05/05/2020

Jane Goodall, etologa e primatologa britannica di fama mondiale ha aperto le danze: “Mentre distruggiamo, diciamo la foresta, le diverse specie di animali nella foresta sono costrette a venire in contatto fra di loro e quindi le malattie vengono trasmesse da una specie all’altra, e il secondo animale ha quindi maggiori probabilità di infettare gli esseri umani poiché è costretto a stare stretto contatto con noi”.

E ha rincarato la dose David Quammen, autore di Spillover (2012), una storia letteraria delle grandi epidemie, in un'intervista a Wired: “Il mio libro essenzialmente ha predetto, in misura piuttosto precisa, ciò che stiamo vedendo: ma non sono stato preveggente, mi sono limitato a riportare in una forma composita ciò che alcuni esperti molto affidabili mi avevano preannunciato. In buona sostanza ciò che si diceva era: The Next Big One, la prossima grande pandemia, sarebbe 1) stata causata da un virus zoonotico che 2) viene da un animale selvatico, 3) verosimilmente un pipistrello, 4) probabilmente dopo essersi amplificato in un altro tipo di animale prima di passare agli esseri umani 5) poiché gli umani sono venuti forzatamente a contatto con questi animali, 6) molto probabilmente in un wet market 7) magari situato in Cina, e che 8) il nuovo virus si sarebbe rivelato particolarmente pericoloso se le persone contagiate gli avessero offerto un riparo, diffondendolo, prima di accusare alcun sintomo. Suona familiare?”.

Insomma, sembra proprio che il lavoro di occupazione di tutto il territorio anche selvatico che offre questo nostro pianeta abbia delle dirette ripercussioni sia sulla genesi che sulla proliferazione, tra l'altro, anche di questo virus. La progressione lineare dell'esistenza umana, intesa come sviluppo economico e biologico tendente all'infinito, assieme al conseguente e sembra inevitabile consumo esponenziale delle risorse del pianeta, produce un contatto ravvicinato e pericoloso con il lato animale del territorio in questione. Un recente video pubblicato su Le Monde, ripreso e tradotto da Internazionale, introduce proprio il concetto di zoonosi, inteso come il passaggio di una malattia infettiva da animale a uomo (o spillover come lo chiama  Quammen nel suo libro). Nel corso del ventesimo secolo le zoonosi si sono ripetute sempre più spesso: uno studio pubblicato sulla rivista Nature nel 2008 spiega come negli anni Ottanta si sia registrato un picco corrispondente alla scoperta di nuovi agenti patogeni, a cominciare dall'Hiv, il virus responsabile dell'Aids e trasmesso inizialmente da una scimmia, per passare, poi, ad aviaria, ebola e a quasi tutti i responsabili delle maggiori pandemie recenti. La causa principale? La domesticazione degli animali, soprattutto di quelli selvatici. Dai bovini, per esempio, abbiamo preso vaiolo, orecchioni e rosolia, anche se migliaia di anni fa. Attualmente, con la deforestazione selvaggia delle zone tropicali, assai ricche di biodiversità selvatica, il problema si presenta in modo drammatico. Un esempio è ciò che è avvenuto in Malesia alla fine degli anni Novanta. Per impiantare allevamenti di maiali hanno spazzato via foreste senza considerare la presenza dei pipistrelli, portatori di un virus chiamato Nipah che ha effettuato, attraverso la frutta mangiata tanto dai maiali quanto dai pipistrelli, il salto. Peccato che il maiale in Malesia, a maggioranza religiosa musulmana, non venga granché consumato ma allevato per ottemperare alla catena lineare del business di consumo.  

La progressione lineare della nostra esistenza sembra davvero cominciare a mostrare il bordo, il limite. Per concludere con David Quammen, sempre dall'intervista rilasciata a Wired: “Le ragioni per cui assisteremo ad altre crisi come questa nel futuro sono che 1) i nostri diversi ecosistemi naturali sono pieni di molte specie di animali, piante e altre creature, ognuna delle quali contiene in sé virus unici; 2) molti di questi virus, specialmente quelli presenti nei mammiferi selvatici, possono contagiare gli esseri umani; 3) stiamo invadendo e alterando questi ecosistemi con più decisione che mai, esponendoci dunque ai nuovi virus e 4) quando un virus effettua uno spillover, un salto di specie da un portatore animale non-umano agli esseri umani, e si adatta alla trasmissione uomo-uomo, beh, quel virus ha vinto la lotteria: ora ha una popolazione di 7.7 miliardi di individui che vivono in alte densità demografiche, viaggiando in lungo e in largo, attraverso cui può diffondersi”.
 

Tag:  Covid-19David Quammenemergenza Covid-19Spilloverzoonosi

Sigla.com - Internet Partner
Condividi linkedin share facebook share twitter share