La Cina costruisce la sua prima città autosufficiente e circolare (e a prova di pandemia)

di Giovanni Franchini

19/09/2020

Credit: Guallart Architets
Agli architetti dello studio Guallart di Barcellona, le maggiori ispirazioni sono venute proprio durante la pandemia. Erano bloccati in casa a lavorare in smart working, e questo ha aiutato la produzione di idee. Il progetto a cui lavoravano era molto ambizioso: una gara di idee per la prima città autosufficiente del terzo millennio, da realizzare in Cina, nella regione di Xiong'an, a circa 130 km a sud-ovest di Pechino. Gara che lo studio barcellonese ha vinto, superando concorrenti agguerriti da tutto il mondo, puntando decisamente sul rinnovabile, sostenibile e circolare.

Le città verdi ed ecologiche non sono uno sfizio per la Cina. Fin dal suo primo discorso di insediamento nel 2012 il premier Xi Jinping aveva messo in cima alle priorità la rivoluzione verde e sostenibile, a causa dei tassi esponenziali di crescita delle città – e relativo inquinamento – impongono drastici cambi di metodo di sviluppo. La “nuova città” pulite e sostenibili, sono dunque necessarie e nascono anche dall’esperienza di Pechino, che cresce sempre più velocemente ma non all’interno di uno sviluppo urbanistico ordinato e razionale. Ad esempio, gli uffici governativi sono lontani dai residenziali e i lavoratori perdono molto tempo per coprire le distanze. 

Per questo il concorso di idee chiedeva di progettare città composte a blocchi unici in cui ci fossero, in una coabitazione armonica, appartamenti, uffici, distretti produttivi e commerciali. 

Self-Sufficient City è un concetto per una città di 2.5 milioni di abitanti, pari all'intera città di Roma dentro il raccordo anulare, progettato in modo da permettere agli abitanti di doversi spostare il minimo possibile, avendo praticamente tutto sotto mano e vivendo in un ambiente sano ed ecologico, dove tutte le risorse sono rinnovabili e riciclate. È stata progettata in modo da funzionare anche in caso di lockdown per future epidemie prevedendo interi distretti in grado di restare autosufficienti. "Una nuova vita urbana, basata sulla bioeconomia circolare", si legge nel progetto. 

Anzitutto gli edifici. Costruite in legno lamellare, materiale rinnovabile disposti in stile tradizionale europeo, con delle piazze cittadine e cortili interni con serre per la coltivazione agricola, ovviamente hi-tech, un mix di agricoltura idroponica e sistemi di luci per coltivazione a LED, integrate con orti all'aperto e giardini di erbe medicinali.
 
Gli edifici ospiteranno appartamenti per coppie e famiglie e nuclei multigenerazionali, negozi e uffici. Gli appartamenti sono dotati di spazi adatti al lavoro a distanza, con connettività 5G di serie. Le terrazze e i balconi sono orientati per catturare il massimo delle ore solari e ogni abitazione, in caso di lockdown, ha comunque accesso ad un proprio spazio esterno.

Sui tetti, pannelli solari forniscono elettricità e un app di quartiere invia ai residenti avvisi e informazioni sulla vita della città e del distretto, come notifiche su eventi e concerti locali, verdure in vendita al mercato o giocattoli per bambini disponibili per lo scambio o la condivisione, oltre ovviamente a tutte le breaknews in caso di emergenza o blocchi della circolazione per pandemia. Al piano terra di ogni edificio, stampanti 3D e piccole fabbriche di prototipazione rapida, creano oggetti e articoli mancanti o rotti, sia per la vita quotidiana che per mancanza di approvvigionamento in caso di interruzione della catena di forniture causa lockdown. I negozi sono privi di commessi e gli acquisti avverranno tramite riconoscimento facciale e addebiti automatici su conti e carte di credito. Le consegne di merci e a domicilio saranno assicurate perlopiù da droni.

Il cibo viene coltivato nelle serre e negli orti di quartiere, mentre i rifiuti sono gestiti in modo da massimizzare il riutilizzo secondo i principi di economia circolare e bioeconomia. Le automobili sono consentite solo in alcune aree, mentre il grosso della viabilità è riservato a trasporti pubblici (ovviamente elettrici) e per pedoni e ciclisti. L'acqua viene veicolata attraverso appositi canali disegnati sugli edifici e veicolata per essere immagazzinata ad uso riutilizzo e per le aree verdi. 

E per entrare e uscire dalla città? Il mezzo più usato sarà il treno. Una ferrovia-metropolitana con treni che viaggiano a 350 km/ora, già funzionante adesso per trasportare i lavoratori dei cantieri aperti, in grado di collegare Pechino in mezz’ora e l’aeroporto della città in venti minuti.

L’investimento di Self-Sufficient City è mostruoso. 580 miliardi di dollari, già stanziati dal governo cinese, per costruire la città, più altri 91 per le infrastrutture di collegamento. E anche il timing è a livello cinese: fine delle costruzioni nel 2022, inizio del trasferimento di popolazione e uffici nel 2035, entro il 2050 tutto sarà operativo, Ma probabilmente, visti i tempi cinesi, sarà completata anche prima. 

L’esempio di Self-Sufficient City non è comunque destinato a rimanere isolato. Il premier cinese ha recentemente dato il via libera alla costruzione di 500 smart city, città di media grandezza, che abbiano "le caratteristiche chiave della digitalizzazione, della rete e dell’intelligence per innalzare il livello di modernizzazione a tutto tondo della città e consentire ai cittadini di condividere i benefici".
 

Tag:  bioeconomia circolareCinaeconomia circolareSelf Sufficient CityStudio GuallartXiong'an

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