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La circolarità di Michele
La circolarità di Michele
di Alessandro Paciello
14/08/2020
Particolare de
L'arcangelo Michele schiaccia Satana
, Guido Reni, 1636
Il ciclo, il cerchio, la ruota sono tutti concetti sinonimi che da millenni vengono studiati, ricercati, sviscerati dall’essere umano durante i sui viaggi astrali, trascendentali, le sue visioni mistiche ed esoteriche, le sue pratiche propiziatorie e magiche. Al centro di tutto c’è il “ciclo”, a partire da quello delle rinascite che Buddha vedeva come l’origine delle sofferenze, da interrompere eliminando o attenuando l’attaccamento alla vita, espresso soprattutto tramite il continuo, e ogni volta rinnovato, desiderio da soddisfare.
Resta comunque nella visione primordiale dell’Uomo il senso ciclico della Vita: nulla nasce e nulla muore, ma tutto si ripropone nell’Eternità. In un più pragmatico modo di proporre il concetto, tipico dell’ambientalismo moderno, “da cosa nasce cosa”.
Eppure, con la modernità, la tecnologia, l’esasperazione dei modi di vivere dettati dal capitalismo finanziario, abbiamo perso, come Umanità, il senso ciclico della Vita per sostituirlo con un’irreale e dannosissima visione lineare, rettilinea. Ogni momento viene superato dal momento successivo. Ogni incontro da quello che lo segue. L’esperienza umana è costantemente messa da parte, sacrificata alla nuova che arriverà perché la visione del tempo è “in avanti” e per linea retta. Perciò, alla visione buddista dell’origine della sofferenza – l’attaccamento alla vita attraverso il desiderio permanente che porta al ciclo infinito delle rinascite – si somma la sofferenza della vita “incarnata” che invece ha perso il senso della ciclicità, esasperata da un’azione continua e ininterrotta senza mai possibilità di ritorno: quel che è fatto è fatto e si va avanti, sospesi però drammaticamente tra ricordi passati e proiezioni future, senza la capacità del “qui e ora”, del momento infinito, l’unico vero, e per questo “rotondo” e non lineare. Si va avanti in modo forsennato per sfuggire ai ricordi dolorosi del passato, ma è una corsa inutile. Ecco perché consumiamo e gettiamo, perché il rifiuto è il passato e il passato ci condiziona nella proiezione futura. Come scriveva Friedrich Nietzsche al proposito: “L’uomo chiese una volta all’animale: ‘perché non mi parli della tua felicità e soltanto mi guardi?’ L’animale, dal canto suo, voleva rispondere e dire: ‘ciò deriva dal fatto che dimentico subito ciò che volevo dire’: ma subito dimenticò anche questa risposta e tacque; sicché, l’uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, per il fatto di non poter imparare a dimenticare e di essere continuamente legato al passato: per quanto lontano, per quanto rapidamente egli corra, corre con lui la sua catena.”
Ma adesso la visione puramente di mercato e finanziaria della vita moderna che conduciamo, innanzitutto nelle economie più benestanti, entra in crisi. L’usa e getta non è più tollerabile. La linea retta che ci porta dal produttore al consumatore e da questo alla discarica non è più sostenibile. Il “passaggio generazionale” nei territori, dove gli imprenditori hanno indubbiamente contribuito al benessere locale delle genti, deve essere favorito e gestito. Il trasferimento e la preservazione dei saper fare dagli anziani ai giovani deve essere tutelato e garantito, soprattutto in un Paese come l’Italia, fucina storica di talenti. In tutti questi casi, deve essere completato il cerchio. Deve essere superata, direi cancellata perché non più tollerabile né accettabile, la direzione a “senso unico”. Per dirla con Nietzsche, “la catena è arrivata al limite”.
Una visione diversa e “superiore”, lasciatemi dire “spirituale”, deve essere adottata. L’alternativa, la prosecuzione su questa china nefasta su cui rotola l’essere umano, sarà inevitabilmente la prossima fine della nostra storia di abitanti del pianeta Terra. O, almeno, di una buona parte di questa, ancora scarsamente consapevole, Umanità. L’Uomo sta vivendo in una dimensione “aciclica” e senza luce. Percorre la strada senza avere un’idea né di dove voglia andare né di dove quella strada lo porterà, anche se una ancora minoritaria parte degli esseri umani comincia a pensare e temere che in fondo a quel percorso, ormai sempre più breve, non ci sia la Luce, ma l’Oscurità.
“Anziché maledire il buio, accendi una candela”, invitava il saggio Lao-Tze nel Tao Te Ching. Una visione trascendente, più che auspicabile, diventa indispensabile. Ripercorrendo gli scritti di un grande pensatore e filosofo della seconda metà dell’800, Rudolf Steiner, appare in maniera vivida e netta la figura archetipa dell’Arcangelo Michele. Secondo Steiner, l’Arcangelo Michele ha posto la sua sede nel “mondo ritmico”, nel mondo delle forze della vita. La sua missione è quella di dare agli Esseri Umani la Forza che faccia acquistare vita ai pensieri-ombra. Qual è il significato della sede micheliana nel mondo dei ritmi? Secondo Steiner significa che Michele si rapporta agli Uomini in tutto ciò che si alterna, che va e che viene, che si accende e che si spegne, che si riempie e che si svuota. Così facendo cerca di generare la consapevolezza negli Umani che la loro strada non è diritta, lineare, retta senza fine. Piuttosto, circolare, ciclica. Chi accoglie l’Arcangelo nel proprio cuore, accetta la ciclicità della Vita, sia su questo piano terreno, sia sul piano spirituale, attraverso l’accettazione del ciclo delle rinascite, l’accoglimento della verità delle reincarnazioni. Questo significa quindi impostare la propria mente, il proprio cuore e, di conseguenza, le proprie azioni sul tema della circolarità.
Siamo nell’epoca di Michele, l’Arcangelo il cui nome significa “volto di Dio”. Nell’oscurità di questi tempi storici, Michele ci invita ad accendere una candela. Quella del cuore. Non è un caso che mai come in questo periodo una massa critica di persone, appartenenti a mondi diversi, non più solo ambientalisti, ma politici, finanzieri, banchieri, professori universitari, ricercatori, religiosi, imprenditori, e così via si stia sensibilizzando proprio al tema dell’economia circolare, primo passo per molti ancora inconsapevole – per ora – verso l’accettazione del “ciclo” che caratterizza la Vita in senso più ampio.
La centralità di Michele in questo passaggio della nostra storia umana viene ben raccontato in due appassionati e appassionanti libri da Grazia Francescato, una grande ambientalista contemporanea: “In viaggio con l’Arcangelo” e “Lo sguardo dell’anima”. Vi invito a leggerli per capire come anche una persona laica, razionale e all’inizio lontana da visioni mistiche possa essere investita dalla forza dell’archetipo micheliano, mettendo al servizio dell’Arcangelo il suo coraggio ambientalista, la sua forza d’animo, la sua visione di un mondo da salvare.
Michele è protagonista nel salto antropologico che l’Umanità deve fare anche grazie alla sua guida e al suo aiuto. Un salto non più rinviabile se si vuole salvare o, almeno, salvare una parte numericamente importante di se stessa. Un nuovo Rinascimento attende, deve attendere gli Uomini. La rinascita dei cuori creerà nuovi mondi. Pensate a quanto avvenne nel Rinascimento che conosciamo, quando coincisero opere monumentali di artisti e geni altrettanto monumentali, da Michelangelo a Leonardo da Vinci a Raffaello, solo per citarne alcuni.
Dobbiamo cambiare il paradigma, la visione. Passare dalla concezione materialistica che pone al centro dell’intelligenza umana solo ed esclusivamente ciò che si percepisce con i sensi fisici, per recuperare invece la più intima essenza della spiritualità umana, quella parte che potremmo definire “intangibile”.
Ed è anche per questo che nella mia versione dell’economia circolare spingo molto una visione olistica, non solo tangibile ma, soprattutto, intangibile. Materia e materiali certo, ma anche valori, emozioni, talenti, visioni circolari, senza le quali il tema della circolarità non fa “il giro”, non compie il cerchio completo, rimane parziale. Tutto, meno che “realmente circolare”, come invece vuole la spinta contemporanea di Michele, l’Arcangelo.
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