Parlare di Economia Circolare sembra oggi se non obbligatorio quantomeno inevitabile, sia per l'effettiva necessità di convertire le produzioni lineari verso soluzioni più concilianti con le risorse limitate di questo nostro pianeta, sia per quel certo allure che le tematiche ambientali hanno ormai decisamente assunto anche all'interno del dibattito economico. Ma ci sono aziende, ci sono storie, ci sono persone che lavorano e agiscono da tempo con "circolarità", ancora prima della consapevolezza terminologica e nella piena coerenza delle proprie idee.
Questa storia parte da una discarica e ce la racconta Massimo Vaccari, ideatore circa vent'anni fa, assieme al fratello Carlo, de La Filippa di Cairo Montenotte, in provincia di Savona.
"Ho cominciato a lavorare nel 1981 e rappresento la quarta generazione di una famiglia di imprenditori dell'industria del laterizio e dei materiali da costruzione. All'epoca il nostro era un settore già maturo, non c'era niente da inventare, ti giocavi tutto sull'abbattimento dei costi di produzione, sull'utilizzo della tecnologia e sulla riduzione dei costi di manodopera. Poca creatività, poca innovazione. C'era ancora il mercato perché resisteva la domanda ma qualcosa doveva cambiare. È stato proprio in quel momento che insieme a mio fratello Carlo abbiamo pensato di innovare. Non avevamo a disposizione grandi strutture di ricerca e sviluppo alle spalle o grandi investimenti. Avevamo però la convinzione profonda di guardare alle cose che esistono e riprogettarle trasformando i fattori negativi in aspetti positivi. Visione? Credo di aver avviato un mio percorso personale di sostenibilità senza nemmeno saperlo perché ho iniziato a guardare le cose in modo diverso. Volevo aggiungere loro valore e progettarne il loro riutilizzo nel futuro".
Il tutto partendo da una discarica, il luogo che serve a tutti ma che nessuno vuole vicino a casa, uno dei paradigmi inevitabili della modernità più contestati dal mondo ambientalista.
"Era anche il luogo migliore dove rendere evidente la diversità del pensiero che c'era alle spalle. Ho cominciato da piccole azioni: in discarica serviva una vasca in cemento armato per evitare che l'acqua piovana entrasse a contatto con i rifiuti. Costava 300mila euro e sarebbe stata utilizzata per un numero limitato di anni prima di essere demolita e smaltita. Quando il mio ingegnere è venuto in ufficio e per ridere mi ha detto... ho il progetto della piscina, io l'ho guardato e ho pensato, perché no? E abbiamo davvero realizzato la vasca nell'ottica di usarla in futuro come piscina. Perché degli oggetti oggi ne faccio un uso e domani un altro ma occorre pensarci da subito e progettare il loro utilizzo futuro sin dall'inizio della loro storia ".