E inizia così questa piccola rivoluzione chiamata La Filippa. Quello che oggi è un modello di sostenibilità riconosciuto a livello internazionale, una discarica che smaltisce rifiuti non pericolosi adottando soluzioni progettuali e gestionali che vanno ben oltre gli standard previsti dalla legge. Le condizioni ambientali dell'area, che rappresentano assetti di valore anche economico, sono costantemente monitorate e diventano elementi costitutivi di un esempio dinamico attorno a un tema, quello dell'economia circolare, che ora sta venendo fuori in modo prepotente. "L'economia circolare nasce da una questione gigantesca, che è quella dell'impatto ambientale delle attività antropiche: generano scarti e inquinano l'ambiente. In questo momento gli imprenditori si rendono conto che il problema non è più il mercato ma la precondizione necessaria di non avere più materia per produrre gli oggetti di consumo. Non serve più dire non spreco perché non è etico. La questione è sostanziale. Abbiamo la consapevolezza definitiva che stiamo esaurendo le risorse e che dobbiamo rimettere in circolo quelle che abbiamo". Questo approccio che prevede di comprendere nel costo dell'investimento anche il fine vita o la seconda vita del prodotto può alimentare la rivoluzione definitiva e consapevole del sistema della produzione, la chiusura del cerchio? "In certi casi si può lavorare per allungare la vita di oggetti e materiali, in altri è bene pensare che i prodotti finiti siamo smontabili, riutilizzabili, rigenerabili. Nel nostro caso siamo partiti dalla riprogettazione della discarica che è di per sé un'attività temporanea perché nel momento in cui tu hai esaurito i volumi di riempimento il lavoro è finito. Tutte le discariche del mondo sono state pensate per durare un tempo limitato e questo cosa ha portato? Che tutte le infrastrutture necessarie per utilizzarle, dall'urbanizzazione agli scarichi civili e industriali, dalle telecomunicazioni all'illuminazione e alla fibra sono tutte provvisorie, tutta roba che smonti e butti. Noi abbiamo sostenuto l'investimento pensando,invece, al fine vita degli oggetti. Tutto doveva avere una seconda vita, un secondo scopo, una seconda utilità. Alla Filippa l'ufficio è una casetta di legno che un domani potrà venire utilizzata per un agriturismo piuttosto che per la reception di un parco e la vasca come ho detto prima è pensata per diventare una piscina. Quando abbiamo progettato La Filippa ho pensato: mio padre ci ha lasciato un'area meravigliosa dove viviamo il 70% del nostro tempo, il luogo dove lavoriamo deve essere un luogo salubre, in cui stare bene ma anche un fattore di coesione sociale, culturale ed economico per tutta la comunità che ci circonda e per il suo territorio. Abbiamo fatto una scommessa. Dimostreremo a tutti che, alla fine, l'area su cui stiamo intervenendo avrà un valore economico a metro quadrato superiore a quello di prima".
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