La sfida dell'Economia Circolare

di Rossella Muroni

02/08/2019

Forse è giunta l’ora di svelare la potenza del modello sociale sotteso all’Economia Circolare. Credo sia utile anche per spiegare il perché delle molte resistenze e far capire quanto sia necessario approfondire culturalmente il nuovo paradigma economico. Sì, perché quando parliamo di economia circolare, non abbiamo solo in mente la sostituzione delle materie prime non rinnovabili con quelle prime seconde provenienti da cicli di differenziazione e recupero. C’è molto di più. L'economia circolare porta con sé una vera e propria rivoluzione sociale in cui i cittadini non sono più semplici consumatori finali di un ciclo produttivo di beni e servizi, ma entrano a pieno titolo nel processo stesso.

Questo vuol dire che l’economia circolare non ha bisogno di consumatori inconsapevoli ma di cittadini attivi e partecipi, la cui consapevolezza e responsabilità è fattore centrale per il buon esito del nuovo sistema produttivo. La sfida che hanno di fronte le imprese dell’economia circolare è dunque enorme: si tratta di recuperare un’estensione della responsabilità d’impresa che Olivetti aveva già intuito e che non si ferma di certo ai cancelli della fabbrica. I territori, le comunità, i cittadini sono elemento centrale della circolarità produttiva e la loro partecipazione ne è elemento costituente.

Cosa impedisce all’economia circolare di decollare in Italia? Sicuramente una legislazione insufficiente e incerta, una classe dirigente industriale non all’altezza della sfida (anche se sono migliaia le piccole e medie imprese che invece stanno praticando dal basso e troppo in solitudine il percorso verso lo sviluppo sostenibile, grazie ad imprenditori illuminati che hanno intuito il nesso tutto nuovo tra sostenibilità e business), ma anche, credo, il fatto che la portata del cambiamento da mettere in atto è davvero epocale e travalica l’ambito economico. Per far fronte a questo cambiamento avremmo bisogno soprattutto di una classe politica diversa, che sui territori, per esempio, si assumesse la responsabilità di favorire partecipazione e trasparenza per realizzare impianti ed infrastrutture necessarie alla nuova economia.

Facciamo un esempio? Chi ha pensato e predicato, arrivando a governare il Paese, che il mantra Rifiuti Zero significasse zero impianti ha sbagliato di grosso. L’economia circolare, unica vera ricetta per una società a zero rifiuti, ha bisogno di tantissimi impianti a servizio. Impianti che devono essere collegati alla migliore tecnologia, ben dimensionati, opportunamente collocati ma che vanno urgentemente costruiti. Abbiamo le tecnologie e le imprese necessarie, manca la capacità di decidere favorendo condivisione, trasparenza, sicurezza.
Manca insomma l’attivazione di processi sociali di accettazione in una società che paradossalmente si dimostra pronta a cambiare stili di vita e modalità di consumo. Ma quello di accompagnare la società, nelle sue diverse declinazioni, comunità e territori in questo caso, verso il cambiamento dovrebbe essere compito precipuo della politica, che però ha perso credibilità e capacità di scelta. Ecco perché l’economia circolare è una straordinaria occasione, non solo economica, ma per ridisegnare un nuovo patto sociale tra cittadini, imprese e decisori politici.
Una sfida difficile ma entusiasmante perché disegna un futuro possibile per i nostri figli. 

 

Tag:  economia circolare

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