La sostenibilità eroica del vino che si affaccia sulla meraviglia delle Cinque Terre

di Catherina Unger

10/06/2024


Le Cinque Terre fanno venire voglia di essere raccontate. In queste pagine Catherina Unger descrive ciò che vede non soltanto con gli occhi, ma soprattutto con il cuore di chi, approdato un giorno in questa “isola”, v’ha trovato bellezza di terra e di cultura. E soprattutto descrive l’impegno quotidiano delle donne e degli uomini grazie a cui il territorio delle Cinque Terre è divenuto Patrimonio dell’Umanità che tutto il mondo ci invidia. Attraverso scritti e immagini ci accompagna dentro la loro vita quotidiana, e la sua voce si stempera in quella di una comunità che in modo straordinario e unico al mondo ha trasformato in modo “eroico” il proprio territorio quasi a confondersi con esso.

I vignaioli sono la sua più significativa espressione: sono loro che nel corso dei secoli, tramandando di generazione in generazione gesti, saper fare e parole antiche, hanno strappato alle terre, alle sue faticose pendenze a picco sul mare, i corridoi dei terrazzamenti per coltivarvi la terra, proteggendone gli orli con chilometri di muretti a secco che hanno consentito la produzione di vini e Sciacchetrà, diventati famosi in tutto il mondo.

Fotografa specializzata in viaggio e reportage, Catherina Unger nasce in Germania e a 25 anni si trasferisce in Italia: dopo un periodo trascorso a Firenze, dal 2001 si stabilisce a Manarola, nelle Cinque Terre, dove vive tuttora. Fondatrice e titolare di un tour operator, affianca l’amore per i viaggi – che organizza in Italia e Africa – a quello della fotografia, ereditato dalla famiglia, con cui documenta le sue escursioni in giro per l’Italia e il mondo. Collabora con l’importante agenzia AWL-Images di Londra ed è stata protagonista di alcune mostre. 


Per gentile concessione di Sagep Editori pubblichiamo la prefazione di Cinque Terre – Vigneti con vista mare firmata dalla sua autrice. 

Cercando il segreto delle Cinque Terre dove ogni cosa ha bisogno del suo tempo 

di Catherina Unger

Come spesso accade, le persone arrivate da estranei in un posto si interessano in particolar modo per la loro nuova “patria d’elezione” e a volte la vedono da angolature diverse rispetto a chi è nato lì. Forse è questo che è successo anche a me. Quando sono venuta a vivere a Manarola all’inizio dell’anno 2001 ho cominciato a fare il lavoro che meglio sapevo fare – organizzare viaggi, da sempre ho lavorato nel turismo. Viaggiare è l’essenza della mia vita e così credo di poter capire le esigenze di chi viene qui per esplorare le Cinque Terre. Insieme al mio compagno ho aperto l’agenzia turistica Arbaspàa a Manarola. Per fare bene questo lavoro ci vogliono ottime conoscenze del territorio e questo non significa solamente conoscere alberghi, ristoranti, gelaterie, bar, guide turistiche, orari di treni e battelli. Ma soprattutto quali sono le particolarità di questo territorio. Così ho percorso tutti i sentieri e ho girato nei paesi, nei boschi e nei vigneti. Mia compagna di viaggio era spesso la macchina fotografica.

È naturale che come figlia di un fotografo prima o poi la fotografia dovesse diventare per me una forte passione. Solo che non volevo mai farne anche il mio lavoro principale, per paura che potesse perdere il suo incanto. Ho letto diversi libri sulla storia locale (alcuni dei quali ho anche tradotto in tedesco per il Parco Nazionale delle Cinque Terre) che hanno contribuito insieme ad amici e conoscenti a formare la mia immagine delle Cinque Terre. Scoprii presto che la viticoltura è come un filo rosso che attraversa la storia delle Cinque Terre e solo la viticoltura ha fatto delle Cinque Terre quello che oggi sono – un paesaggio unico al mondo tra cielo e mare, creato e mantenuto dall’uomo. Non del tutto estraneo al mio interesse per la viticoltura e all’immagine che alla fine si è formata dentro di me è stato la figura di mio suocero. È stato Sergio che quando è andato in pensione si è dato alla cura dei vigneti della famiglia. Tutte le mattine (spesso quando io mi giravo ancora una volta nel letto) è partito per andare in uno dei nostri orti o vigneti. Bisogna sapere che nelle Cinque Terre le proprietà di una stessa famiglia sono sparse su un territorio molto vasto a causa di trasmissioni ereditarie intrecciatesi per secoli. Tutto il territorio è praticamente frammentato in minuscole parcelle.

È stato un lavoro duro, ma Sergio aveva il suo modo proprio di affrontarlo, come tutti i vignaioli delle Cinque Terre. Non c’era niente che gli poteva far perdere la pazienza, sapeva che ogni cosa ha bisogno del suo tempo. Io, una ragazza (tedesca) di città, inizialmente non comprendevo questa quasi lentezza con la quale saliva nelle vigne. Non doveva finire un certo lavoro? Non voleva forse portare al termine più cose possibili in questa mattinata? Ci voleva un po’ per rendermi conto che la cosa veramente importante era questa continuità, quella consapevolezza quasi buddhista e quel fervore con il quale si dedicava al suo lavoro. Esperienza centenaria di generazioni di vignaioli e una certa armonia con la natura c’entrano sicuramente per intuire oggi come avrà fatto a coltivare alla sua età tutti questi vigneti e orti per procurarci tutto l’anno verdura e frutta fresca e, naturalmente, vino. Veramente sto comprendendo solo oggi l’immensità del suo lavoro, da due anni (Sergio è morto troppo presto nel settembre 2010) cerco disperatamente di tenere in vita almeno uno dei nostri orti. E così ho capito tutto il sistema delle Cinque Terre che si basa sulla condizione che tante persone con continuità e passione curano i loro terrazzamenti e contribuiscono così a mantenere un paesaggio particolare fatto di alcune migliaia di chilometri di muretti a secco (su una lunghezza di costa di soli 14 km). Ma sembra che si tratti di una “specie in via di estinzione”, queste persone che vanno nel vigneto, soprattutto pensionati.

La logica conseguenza è che loro curano man mano sempre meno campi e soprattutto quelli che si raggiungono più facilmente. La maggior parte dei vigneti si raggiunge solo a piedi, spesso con lunghe salite. Gli altri terrazzamenti vengono abbandonati, i muretti crollano e non vengono più rifatti. Nel caso estremo dopo forti piogge i fiumi d’acqua portano con sé i muretti e formano così immense frane come successo nell’ottobre 2011 a Vernazza e Monterosso. A questo punto ci si pone la domanda cosa ne sarà delle Cinque Terre nel futuro. Tanti giovani del posto non vivono più della viticoltura, le alternative che offre il turismo o un posto fisso in città sono più attraenti. Tanti giovani delle Cinque Terre se ne sono andati addirittura del tutto e tornano solo in vacanza – sono andati a vivere nelle grandi città o all’estero. Però il mio libro vuole parlare di quelli che per me sono il futuro delle Cinque Terre – i vignaioli! Sono loro che con metodi tradizionali o moderni mantengono il nostro paesaggio – persone coraggiose che riprendono il lavoro dei loro padri e nonni sacrificando spesso tutto il loro tempo libero. A lunga scadenza secondo me non basteranno – ce ne vorranno di più! Ma prima di tutto dobbiamo raccontare ai nostri visitatori del vino delle Cinque Terre e del suo significato per la gente locale: per fare sì che lo vogliano bere e che siano disposti a pagarlo un prezzo adatto. A tale prezzo comprano un bicchiere di vino ma anche tanto di più: mantengono la bellezza delle Cinque Terre! In questo vino ci sono mille anni di storia, il faticoso lavoro dei viticoltori per generazioni e generazioni, ma soprattutto gli aromi e profumi inconfondibili del nostro paesaggio – le piante della macchia mediterranea, il salino del mare, gli scogli, i boschi, il sole, il vento…
 

Catherina Unger, Cinque Terre. Vigneti con vista mare, Sagep Editori, 2017.

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