La sostenibilità e lo sbarco sulla Luna

di Riccardo Taverna

19/11/2019

Far diventare sostenibile un’azienda è un’impresa che rende lo sbarco sulla luna una passeggiata. Già, la luna. Infatti, quando l’uomo decise di andare sulla luna, lo fece e basta.

Erano altri uomini? Forse.

“Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese; non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità”. Lo disse John Fitzgerald Kennedy, il 35º presidente degli Stati Uniti, alla Rice University. Era il 12 settembre 1962 e JFK si trovava a Houston nel Texas per ispezionare il centro spaziale che avrebbe coordinato la missione. Sette anni dopo, il 20 luglio 1969, Neil Armstrong, il comandante della missione Apollo 11, appoggiava il primo piede umano sul nostro satellite. Il successo della missione fu dovuto, senza dubbio, al talento, alla competenza e alla determinazione degli ingegneri della NASA, ma senza la “volontà politica”, oggi forse racconteremmo un’altra storia.

Diventare sostenibile dovrebbe essere più semplice. Invece non lo è. Per diventare sostenibile un’azienda non deve sconfiggere la forza di gravità e viaggiare per 384.400 km nell’ignoto. Deve “solo” cambiare paradigma: cambiare i processi, il modo di pensare, l’identità, la gestione delle relazioni. Roba da poco. No. Il tempo per diventare sostenibile è lungo, incerto e annidato nel percorso c’è un pericolo più potente della gravità: la refrattarietà dell’uomo al cambiamento. Nonostante l’urgenza del cambiamento non sia in discussione, le imprese transitano verso la sostenibilità ancora troppo lentamente.

Partiamo da un assunto.

Che la sostenibilità sia l’unica strada per salvare il nostro pianeta è un dato acquisito, come spiega molto efficacemente Marks & Spencer, il cui piano di sostenibilità si chiama da 10 anni “PIANO A”. Perché? Perché non esiste un piano B. Il percorso, quindi, è obbligato. Poche aziende affrontano il cambiamento con tanta consapevolezza. E l’azienda che ci crede arriva in fondo il percorso competendo ai massimi livelli e generando valore “perché mette alla prova il meglio delle sue energie e delle sue capacità”, come diceva JFK. Le aziende ci credono se l’amministratore delegato e il Cda hanno fiducia nella sostenibilità. Con i vertici dalla parte della sostenibilità il cambiamento viene investito dalla “volontà politica” e diventa inarrestabile. 

Quello tra CEO e sostenibilità è stato un percorso di avvicinamento lungo e a fortune alterne. Solo nell’ultimo decennio lo scenario ha cominciato a cambiare. Ancora nel 2010 gli amministratori delegati delle prime 700 multinazionali al mondo riuniti presso le Nazioni Unite erano ancora incerti. Infatti, avevano dichiarato che la sostenibilità sarebbe entrata nelle strategie delle loro imprese quando i consumatori sarebbero stati in grado di percepire correttamente il valore dei prodotti sostenibili e quando gli analisti finanziari sarebbero stati in grado di inserire le prestazioni ambientali e sociali nei loro modelli decisionali. Ciò, secondo loro, doveva succedere nei 10 anni successivi.

Tre fatti nel 2015, apparentemente slegati tra loro, hanno impresso una svolta decisa.

L’enciclica Laudato si', nella quale in uno dei passaggi tra i meno noti Francesco spiega che l’uomo-signore dell’universo è da intendersi come “amministratore responsabile”, dove la parola responsabilità è ovviamente al centro.

Le Nazioni Unite varano gli SDG portando la sostenibilità da un livello para-filosofico ad un livello pragmatico in cui tutti, imprese, cittadini, giovani e meno giovani si possono riconoscere.

Larry Fink, l’amministratore delegato di BlackRock, comunica alle multinazionali che avrebbe investito solo in quelle con un profilo ESG di eccellenza. Sarà un caso, ma dal 2015 al 2017 le società italiane che coinvolgono il Cda nella definizione delle strategie di sostenibilità e lo aggiornano regolarmente, nel panel di Sustanibility Sentiment sono più che raddoppiate (dal 18% al 40%).

Il 2019 ha consolidato un percorso sempre più deciso, 181 multinazionali americane hanno sottoscritto un accordo volontario per gestire il loro business in modo più responsabile. Pochi giorni dopo 32 aziende del lusso le hanno seguite. Greta Thunberg ha risvegliato la coscienza collettiva. Nel nostro paese la Banca d’Italia ha fatto un passo senza ritorno verso la sostenibilità. A novembre la Banca Europea degli Investimenti ha annunciato che a partire dalla fine del 2021 non finanzierà più progetti riguardanti la produzione di energia da fonti fossili, gas compreso. In sostanza la sostenibilità ha il sostegno di fatti e personaggi più che autorevoli che rendono la “volontà politica” più facile da dichiarare.

Dopo aver appoggiato il piede sul suolo lunare, Neil Armstrong fece la storica dichiarazione “un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità”.

Alle aziende non chiediamo balzi, peraltro opportuni, chiediamo tanti piccoli inarrestabili passi verso la sostenibilità.
 

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