La tattica delle due ruote

di Andrea Begnini

09/05/2020

L’Istat misura puntualmente le modalità di spostamento degli italiani. Nel 2019 si sono spostati ogni giorno 22 milioni di persone per andare al lavoro e 11 milioni per andare a scuola, uno su due lo ha fatto al di fuori del proprio comune di residenza. Tra le 7 e le 8 di mattina di ogni giorno feriale si muovono qualcosa come diciotto milioni di persone tra lavoratori e studenti.

Il 2020, segnato dal virus, qualunque sia in destino che ci attende, dovrà tenere conto dei cambiamenti impressi alla nostra mobilità. Ci saranno, probabilmente, meno pendolarismo e meno o diversamente articolato trasporto pubblico: se, per esempio a Milano, per mantenere il distanziamento sociale fra passeggeri la portata dei mezzi pubblici risulta ridotta di metà o perfino a un terzo, almeno uno dei due milioni di viaggiatori trasportati ogni giorno necessità di trovare altre soluzioni di movimento. Ci saranno più... bici. Secondo i dati del 2018 siamo il secondo paese in Europa per quantità di biciclette prodotte dopo la Germania (2,45 milioni di unità) ma il primo per esportazioni (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo e Accessori). Il Sole 24 Ore ricorda invece come il comparto bici, in Italia, generi un fatturato stimabile tra i 7 e i 12 miliardi, circa lo 0,7% della ricchezza nazionale, considerando la produzione di bici e accessori, l’indotto delle vacanze in bicicletta e l’insieme delle ricadute positive scaturite dall’uso della bici, come i risparmi sulla spesa sanitaria, sul welfare e di carburante. Ma le nostre bici finiscono soprattutto all'estero: nel 2018 il settore export segna vendite per 1.557.363 biciclette, il che ci pone al secondo posto dopo il Portogallo. Per quanto riguarda invece il parco bici circolante il nostro paese si attesta a 440 biciclette ogni mille abitanti mentre in Germania e Olanda il rapporto è di quasi 1 a 1. Per quanto riguarda, invece, le presenze cicloturistiche rilevate, nel 2018 ammontavano a 77,6 milioni, pari all’8,4% dell’intero movimento turistico in Italia. Si tratta cioè di oltre 6 milioni di persone che hanno trascorso una o più notti di vacanza utilizzando la bicicletta (dati Isnart). 

Ma in città?
La ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, in audizione alla Commissione Trasporti della Camera, ha disposto le misure contenute nel prossimo decreto per quello che riguarda la mobilità: ci sarà l’annunciato bonus per l’acquisto di bici e mezzi di micromobilità elettrica: vale fino a 500 euro, è destinato ai residenti delle Città Metropolitane e delle aree urbane con più di 50 mila abitanti e non è legato a parametri di reddito. Sul versante amministrativo, le grandi città si muovono, non solo per anticipare la nuova mobilità post-Coronavirus ma anche per evitare che le proprie strade diventino come a Bogotà o Mumbai, dove in media un abitante trascorre quasi 300 ore all’anno bloccato in un ingorgo e il tempo di percorrenza casa-lavoro può allungarsi fino a cinque ore al giorno. Madrid, Barcellona, Parigi, Bruxelles e Berlino hanno scelto un approccio che viene inteso come urbanistica tattica: nascono le “corsie Coronavirus”,  ciclabili realizzate in emergenza che cercano di predisporre percorsi protetti più che vere e proprie piste ciclabili. A Milano le piste realizzate in questo modo sono integrate in un progetto specifico chiamato “Strade aperte”: prevede il limite di velocità a 30 km all’ora nei controviali per proteggere i ciclisti, l’allargamento dei marciapiedi lungo alcune arterie, una fascia riservata ai ciclisti all’altezza della linea d’arresto dei semafori e la realizzazione di 35 chilometri di nuove ciclabili entro l’estate. La Fiab, inoltre, sta proponendo a tutti i sindaci italiani una strategia di percorribilità di tutte le corsie preferenziali alle biciclette che comprenda la possibilità di parcheggiare le bici sui marciapiedi, la realizzazione di Zone 30 (a velocità ridotta), una campagna di comunicazione per la mobilità dolce e sostenibile, convenzioni con le società di bike sharing e agevolazioni per l'acquisto delle biciclette.

L'obiettivo assoluto resta il caso Amsterdam, una città che all’inizio degli anni Settanta era piena di traffico, inquinata e pericolosa per i pedoni. Quaranta anni dopo, nel paese ci sono più di 35mila chilometri di piste ciclabili, il 27 per cento di tutti i tragitti privati nei Paesi Bassi sono su due ruote e solo il 24 per cento delle persone usa l’automobile, di contro a oltre il 67 per cento degli italiani. 

In Tre uomini a zonzo di Jerome K Jerome, i protagonisti, leggermente invecchiati rispetto al precedente Tre uomini in barca, partono per un giro turistico in bicicletta nella Germania imperiale di fine Ottocento e sembrano già incontrare qualcosa di molto simile a quello che il destino post-Coronavirus ci sta per proporre: “Nei parchi tedeschi, delle strade apposite sono destinate ai diversi ordini della comunità, e nessuno, se non a rischio della libertà e della fortuna, può andare sulla strada di un'altra persona. Vi sono speciali vie per ciclisti, e speciali vie per pedoni, viali per cavallerizzi, strade per gente su veicoli leggeri, e strade per gente su veicoli pesanti...”.
 

Tag:  biciclettacicloturismoCovid-19distanziamento socialemobilità dolcemobilità sostenibile

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