Le criptovalute, fenomeno del momento. Quali sono le più sostenibili

di Andrea Begnini

26/05/2021

Foto di Peggy und Marco Lachmann-Anke da Pixabay
Sono il tema d'attualità le criptovalute, in particolare il bitcoin, monete virtuali decentralizzate che non rientrano sotto il controllo di istituti finanziari o di governi. Alternative alle valute tradizionali, utilizzano tecnologie di tipo peer-to-peer e vengono generate attraverso un'attività chiamata mining che richiede una grande potenza di calcolo da parte dei computer in rete. Il Global Cryptoasset Benchmarking Study dell’Università di Cambridge evidenzia come la rete bitcoin consumi 121 TWh l’anno: se fosse una nazione sarebbe tra le 30 al mondo con i consumi più alti. I processi di creazione di criptovalute, correlati alla capacità di calcolo di migliaia di computer, necessitano di un consumo di energia molto grande con conseguenti emissioni di CO2. Si stima che una singola transazione in Ethereum, un'altra criptovaluta, abbia un’impronta media di 27,7 kg di Co2 paragonabile al consumo elettrico di una casa in due giorni. Per implementare ulteriormente l’ascesa del bitcoin, c'è chi è pronto a garantire che occorrerà una potenza di calcolo equivalente all’energia consumata in un anno dall’Argentina. E poi c’è anche la questione dei rifiuti elettronici generati dal continuo ricambio di computer sempre più potenti: anche qui il calcolo delinea qualcosa come 11 mila tonnellate all’anno di rifiuti.

Certo i miner di criptovalute, ovvero coloro che le scavano fuori dal web sfruttando la capacità di calcolo dei computer, stanno cercando di spostarsi dove l’elettricità costa meno, il che non coincide sempre con i luoghi in cui si produce più energia da fonti rinnovabili (vedi la Cina). Ma in Islanda e Norvegia, paesi in cui la produzione di energia è quasi completamente rinnovabile, numerosi miner hanno trovato sede sfruttando idroelettrico, geotermico e, soprattutto, le basse temperature di queste latitudini per ridurre i costi di raffreddamento dei server. E qui si passa all'altro partito. Quello di coloro che vedono nelle criptovalute l'occasione per una transizione green. In questo senso, i team di Jack Dorsey, creatore di Twitter e di Square, e di Cathie Wood di Ark Invest hanno prodotto i risultati di una collaborazione di ricerca che ha come obiettivo proprio quello di dimostrare come l'estrazione di bitcoin incentivi l'uso di energia rinnovabile. Dice la Wood: “Con la convergenza delle tecnologie di mining di criptovalute, di stoccaggio di energia e di AI, è probabile che l'adozione di energie rinnovabili acceleri”. Insomma, le funzioni della rete bitcoin potrebbero agire come un acquirente unico di energia, in grado di garantire che l'estrazione e il commercio di bitcoin si affidino a fonti di energia pulita. 

Elon Musk, la mente dietro Tesla, che meno di un anno fa aveva acquistato bitcoin per 1,5 miliardi di dollari consentendo l'uso della criptovaluta proprio per l'acquisto delle sue auto, ora ci ha ripensato e ha bloccato tutto, adducendo proprio delle motivazioni ambientali. Ha recentemente twittato: “credo fermamente nelle criptovalute ma non possono determinare un massiccio aumento nell'uso dei combustibili fossili, soprattutto di carbone”. Il dibattito apocalittici-integrati prosegue a ondate, tra i sostenitori dello spreco di risorse per la produzione di criptovalute e chi invece ne ridimensiona la portata. Lo stesso Musk è tornato recentemente sulla questione proponendo, questa volta, di rendere pubblico, almeno per le dieci realtà che ne lavorano di più, il consumo di energie alternative così da definire e differenziare, in sostanza, un bitcoin sostenibile. Certo, stando tra le cripto più diffuse, Ethereum (la seconda dopo Bitcoin) ha un rapporto energia/transazione che è meno della metà della rivale. Ma esistono delle cripto davvero green? Esistono delle valute digitali che puntano, in modo diretto o indiretto, alla condivisione dei software e alla specificità dell'uso di energia pulita. CureCoin, criptovaluta progettata per sostenere la ricerca scientifica, premia il lavoro condiviso. Chi vuole offrire potenza di calcolo può scaricare i software e mettere a disposizione il proprio, anche domestico, per il mining, ottenendo una ricompensa in CureCoin. Altre valute generano incentivi per gli impianti fotovoltaici: Solarcoin crea 1 token per ogni Megawatt/ora generato tramite energia solare, ripagando così gli impianti. Altri, come BitGreen, usano protocolli a minor consumo energetico, oltre a ripagare gli utenti per le loro azioni ecologiche che vanno dal carpooling agli acquisti sostenibili.
 

Tag:  bitcoin sostenibilecriptovalute

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