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L'impegno di Federchimica per il made in Italy della circolarità
L'impegno di Federchimica per il made in Italy della circolarità
di Redazione
23/09/2019
Il nuovo orizzonte della ricerca e dell’innovazione in campo chimico? La messa a punto di trattamenti specifici per poter trarre materia prima seconda dagli scarti, così come per l’allungamento del tempo di vita dei materiali e per il loro recupero energetico. Ne parla
Mario Ceribelli
, componente del Consiglio generale di
Federchimica
, con delega per l’Economia circolare, e CEO di
Covestro
.
D: “Scienza e non ideologia per rendere il modello circolare reale e non illusorio Pensiero innovativo, scienza e investimenti in ricerca e sviluppo. La Chimica è nel cuore dell’economia circolare e parte della soluzione!” Partiamo da queste conclusioni.
La Chimica è l’unica industria che condivide il suo nome con una scienza. La scienza chimica studia la materia, le sue proprietà e le sue trasformazioni. Circolare è un’economia dove il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse è mantenuto nel sistema economico il più a lungo possibile, attraverso efficienza e attività di prevenzione, riuso, raccolta e riciclo dei rifiuti.
Basta leggere attentamente le definizioni per capire che la Chimica – intesa sia come scienza sia come industria – giocherà un ruolo essenziale nello sviluppo dell’economia circolare. Già oggi abbiamo soluzioni sostenibili e circolari e sempre di più ne avremo in futuro grazie a nuove tecnologie. Certo, a volte ci scontriamo con approcci ideologici, che non risolvono il problema. Su questo siamo molto rigorosi: l’economia circolare si crea solo con un solido approccio scientifico che valuti l’impatto socio-ambientale complessivo lungo l’intero ciclo di vita del prodotto.
D: La Chimica con l’economia circolare torna ad essere protagonista di una filiera di sostenibilità. In che modo è parte della soluzione?
Intanto quando si parla di riciclo, sia che si tratti di carta, di plastica o di batterie, la chimica è parte integrante di questo processo.
Alcuni esempi: il riciclo meccanico del PET in fibre di poliestere per il tessile, o del Polietilene/Polipropilene miscelato con materiale vergine per produrre soluzioni ad alte prestazioni; la depolimerizzazione (bottiglie di plastica e polistirene); il riciclo chimico, ossia il processo che consente di tornare dal polimero al monomero e quindi a poter generare nuova materia prima per l’industria chimica; la chimica da biomasse; infine, ma non meno importante, il recupero energetico e della CO2 come feedstock.
Ma non solo riciclo: pensiamo, ad esempio, ai polimeri auto-riparanti che renderanno i prodotti più durevoli, ai calcestruzzi e ai prodotti da costruzione auto-riparanti, all’idrogeno e alle celle combustibili che giocheranno un ruolo cruciale per la transizione verso un’economia a basso impatto di carbonio. Insomma, chimica vuol dire garantire prestazioni (anche ambientali) ai prodotti finali.
D: Quanti investimenti sono previsti e per quali attività?
Difficile quantificarli, ma sicuramente saranno ingenti. In un report del 2017 realizzato per il Cefic (l’Associazione dell’Industria Chimica Europea), Accenture stima che per sviluppare il potenziale del riciclo di prodotti chimici in Europa saranno necessari dai 160 ai 280 miliardi di euro, di cui da 100 a 140 per il riutilizzo della CO2 come feedstock, da 30 a 80 per il riciclo chimico, dai 20 ai 40 per le attività nell’ambito della chimica da fonti rinnovabili e dai 10 ai 20 per sviluppare appieno il potenziale del riciclo meccanico.
Si tratta solo di stime relative alla chimica in Europa, ma pensando ad esempio agli investimenti necessari per adattare la filiera del riciclo nei Paesi in via di sviluppo è facile immaginare che i numeri possano diventare veramente impressionanti. D’altro canto, credo che l’economia circolare sia un enorme potenziale di crescita sostenibile per l’industria chimica in Italia e in Europa e rappresenti quindi una grandissima opportunità da sfruttare.
D: La responsabilità per la materia e la scoperta e valorizzazione delle materie prime seconde. Come possiamo raccontare l’economia circolare dei prodotti chimici?
Come già illustrato, l’industria chimica è fortemente impegnata nello sviluppare soluzioni sostenibili lungo l’intero ciclo di vita. Con riferimento alla circolarità il ruolo della chimica può essere sintetizzato in sette punti:
1. sostituire prodotti “lineari” o difficili da riutilizzare laddove possibile
2. riprogettare i prodotti affinché siano più facilmente riutilizzabili e riciclabili
3. materie prime rinnovabili
4. riutilizzo di prodotti
5. riciclo meccanico
6. riciclo chimico
7. recupero energetico e riutilizzo della CO2.
D: Sfatiamo alcuni luoghi comuni sul rapporto tra la chimica (spesso sotto accusa dal mondo ambientalista) e la sostenibilità.
Alcune grandi sfide dell’umanità – come l’alimentazione sostenibile, i cambiamenti climatici e l’invecchiamento della popolazione – possono essere vinte solo con nuovi prodotti, nuove tecnologie e nuove sostanze. Sono soluzioni che la Chimica può garantire, ma è necessario superare gli orientamenti antiscientifici che, facendo leva sull’emotività, penalizzano l’eccellenza scientifica e la nostra competitività industriale.
D: Perché oggi per Federchimica è così importante parlare di Economia Circolare?
Federchimica auspica che l’industria chimica in Italia supporti il nostro Paese ad acquisire una leadership nell’economia circolare a livello europeo e perché no, a livello globale. Tante imprese a livello nazionale hanno già sviluppato un primato indiscusso in questo campo, con buone pratiche riconosciute a livello internazionale. Dobbiamo solo continuare a lavorare, con tenacia e determinazione.
D: L’economia circolare può diventare un fattore di sviluppo e competitività per l’intero settore? E in che modo la Chimica può contribuire alla circolarità delle principali filiere produttive?
Partiamo da un dato: poco più del 15% della produzione chimica va direttamente al consumo; il restante 85% della produzione è un intermedio per tutte le filiere industriali, dell’agricoltura e dei servizi.
Noi utilizziamo tre parole chiave per descrivere concretamente l’economia circolare: ecodesign – ossia progettare il proprio prodotto avendo già in mente quale sarà la sua «prossima vita» – simbiosi industriale (ciò che per me è un rifiuto, per altri è o può diventare una risorsa) e cooperazione di filiera (maggiore collaborazione e scambio di informazioni tra tutti gli attori coinvolti). In questo senso la chimica è un partner indispensabile per traghettare l’economia verso un modello circolare e sostenibile perché rappresenta un’infrastruttura scientifica e tecnologica per tutte le filiere a valle, alle quali trasferisce tecnologia, innovazione e sostenibilità.
D: La cultura “della circolarità e per la circolarità” definisce oggi il valore e la qualità di una azienda. Possiamo prevedere investimenti in formazione per aggiornare le competenze degli addetti del settore e immaginare nuove figure professionali da introdurre in azienda come ad esempio il manager della circolarità?
Il tema delle risorse umane è cruciale. Saranno necessarie forti competenze interdisciplinari e trasversali, un’elevata capacità di lavorare in team e di comprendere linguaggi e percorsi professionali diversi dai propri. Credo sarà indispensabile che la cultura della circolarità e della sostenibilità sia il più possibile diffusa all’interno delle aziende. Quindi anche il tema della formazione va pensato in maniera estesa a differenti figure aziendali, anche considerando che il nostro tessuto industriale è fatto da tante piccole e medie imprese.
D: L’Italia esprime alcuni primati sull’Economia circolare (nella raccolta differenziata, nell’uso virtuoso dell’energia al servizio della materia, nella ricerca e sviluppo delle materie prime seconde, nella bioeconomia degli scarti). Cosa serve al nostro Paese per consolidare la sua posizione? In che modo può contribuire Federchimica a valorizzare il made in Italy della circolarità?
Federchimica promuove la cultura della sostenibilità e della circolarità, anche fra le imprese associate, nella convinzione che lo sviluppo sostenibile diventi fattore competitivo solo se integrato nelle strategie aziendali.
Inoltre, Federchimica si pone come un soggetto in grado di dialogare con le Istituzioni e le Autorità, affinché possa essere creato un quadro regolatorio e normativo che possa supportare lo sviluppo di un modello circolare. Purtroppo questo contesto ad oggi non esiste o quantomeno è ancora largamente inadeguato.
D: L’economia circolare non è un futuro possibile, ma l’unico futuro possibile. Condivide questa affermazione? Ci racconta la sua personale visione di futuro?
Preferirei parlare di un’economia sostenibile a 360° come l’unico futuro possibile. Il modello circolare è una parte importante e strategica di questa transizione, ma probabilmente non potrà da solo rispondere a tutte le esigenze di natura ambientale e sociale. Ad esempio, una soluzione circolare potrebbe non essere la più sostenibile, considerando tutti gli impatti ambientali: potrebbe infatti richiedere consumi energetici più elevati e avere quindi un impatto negativo sul cambiamento climatico. In generale sono fiducioso e mi auguro in futuro un mondo migliore, più circolare e sostenibile. Ma attenzione: serve il contributo di ciascuno di noi; come cittadini e consumatori con i nostri comportamenti abbiamo un ruolo decisivo e non certamente secondario rispetto a quello del mondo delle imprese e delle istituzioni.
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Iscrizione N. 167 del 02/08/2019
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Paolo Marcesini
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