L’Italia delle soft skills e dell’economia circolare? Abita nelle “piccole patrie”

di Federico Massimo Ceschin

26/02/2021


Tutte le indagini lo dimostrano: l’Italia continua a rimanere la meta di viaggio più amata nel mondo. Certamente i fattori di attrattività non mancano, in ragione dei grandi patrimoni culturali, monumentali, naturalistici, paesaggistici ed enogastronomici, ma spesso sembriamo dimenticare la vera motivazione che conferma la presenza del Bel Paese nel cuore dei cittadini di ogni parte del pianeta: lo stile di vita italiano, in tutte le sue espressioni. L’incredibile varietà di riti, costumi, usanze, dialetti, ricette, devozioni, attitudini e abitudini che appaiono resistere ai tempi e alla frenesia della modernità. Per non parlare della moda, del design, del gusto, della creatività, della fantasia, della flessibilità, della capacità di adattamento, dell’intelligenza emotiva, del senso critico, della capacità di far fronte ai problemi…

Forse non sempre ce ne rendiamo conto, ma noi italiani possediamo “naturalmente” una gran parte delle “soft skills” oggi estremamente celebrate e ricercate nel mondo delle imprese e delle organizzazioni. Abbiamo nel DNA, ereditate dalla storia, uno straordinario insieme di conoscenze, capacità, abilità e competenze che oggi rappresentano il vero valore aggiunto che ogni individuo sogna di imparare ad esprimere nel proprio contesto. Sommate peraltro ad una complessiva immagine di piacevolezza, di benessere e di qualità.

Il paradosso del campanile

Fu lo storico economista Carlo M. Cipolla il primo a rilevare che «Il segreto del miracolo italiano è stata la capacità di produrre all’ombra dei campanili cose che piacciono al mondo». Peccato che ancora oggi, oltre mezzo secolo dopo, ancora ci lasciamo influenzare dagli effetti meno desiderabili del campanilismo: non riusciamo ad alimentare la consapevolezza diffusa della eccezionale ricchezza di biodiversità culturale di cui siamo dotati e ci lasciamo sempre dividere, rimanendo costantemente ancorati a presidio del poco che ci è sufficiente.
Costantemente divisi tra nord e sud, tra costa ed entroterra, tra città e campagna, tra destra e sinistra, sembriamo più coinvolti dal desiderio di mostrare di avere il campanile più lungo piuttosto che dall’aspirazione a trovare i motivi di connessione tra i campanili.

Eppure sarebbero proprio quelle connessioni a restituirci la pienezza dell’identità nazionale e della sempre necessaria coesione, ma anche le opportunità per creare valore aggiunto, rispondendo alle aspettative dei mercati e delle più evolute domande di “italianità” che il mondo esprime.
 

Ripartiamo dal sentirci comunità

Il tempo che andiamo attraversando, caratterizzato dall’emergenza sanitaria da Covid-19 (che ancora non sappiamo se sarà superata a breve oppure rappresenti soltanto la prima delle sfide pandemiche cui saremo chiamati nel prossimo futuro), è una straordinaria occasione per soffermarci a riflettere sul nostro essere Paese: un piccolo lembo di terra, cerniera tra l’Europa e il Mediterraneo, su cui si è accumulata nei secoli una straordinaria varietà di storie umane che hanno lasciato tracce indelebili, numerose e diverse. Storie divenute paesaggi, tradizioni, culture e opere d’arte, ma soprattutto esperienze di comunità che si sono realizzate nelle piazze e nei cortili, trasformandosi in città, paesi, borghi e villaggi.

È da questo tessuto che occorre ripartire, puntando sulla capacità di “sentirsi comunità”, per sviluppare la capacità di condividere storie, esperienze, risorse e conoscenze, senza confini e senza barriere. È necessario riconnettersi allo spirito dei luoghi – il genius loci – per affrontare le criticità, mantenendo sempre al centro il sentimento verso il bene comune, vero nutrimento dei territori, dei paesaggi, della natura, dei talenti e delle competenze necessarie a disegnare traiettorie di socialità e di sviluppo locale sostenibile o, per meglio dire, di sviluppo umano integrale.

Una comunità che sa riconoscere i motivi del proprio benessere è una comunità ospitale, capace di trasformare i propri elementi identitari in motivi di sicurezza affettiva anche per i visitatori, che diventano “cittadini temporanei”: il capitale di fiducia diventa un anticorpo contro le incertezze dei tempi difficili che l’umanità attraversa.

Da qui la scelta di affidarsi alle parole di Adriano Olivetti, il grande imprenditore che per primo intuì l’intima connessione tra impresa, territorio e comunità.
 

Le Piccole Patrie

"Concrete, visibili, tangibili, né troppo grandi né troppo piccole, territorialmente definite, capaci di dare a tutte le attività quell’indispensabile coordinamento, quell’efficienza, quel rispetto della personalità umana, della cultura e dell’arte che la civiltà dell’uomo ha realizzato nei suoi luoghi migliori". Così Adriano Olivetti teorizzava le “Piccole Patrie”.

Dalla rilettura di queste pagine in tempo di pandemia, l’intuizione di SIMTUR è stata proporre una rete nazionale di “destinazioni turistiche omogenee” capaci di ripartire dalle proprie esperienze di comunità per condividerle in una “mappa delle meraviglie”, coltivando l’ambizione di ridisegnare le geografie del turismo in Italia. Un progetto definito “di alta valenza turistica” da ENIT – Agenzia nazionale del Turismo e accolto dal Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale nell’ambito del Programma “Repubblica Digitale”.

Infatti il modello prevede la creazione di un circuito di partecipazione e condivisione, di formazione e qualificazione – ma anche di innovazione e digitalizzazione – finalizzato a creare un catalogo di offerte destinate a tour operator e agenzie di viaggio, grazie alla piattaforma innovativa messa a disposizione da Sharryland e al coordinamento tecnico di ACT Travel.

Oltre Covid, immaginare il futuro

SIMTUR è la Società italiana dei professionisti della mobilità e del turismo sostenibile. Con il suo ampio partenariato nazionale accompagna i territori nella necessaria transizione ecologica e digitale, verso lo sviluppo di modelli di sviluppo fondati sul rispetto del creato, sull’accessibilità universale e sull’economia circolare. I pilastri della visione SIMTUR sono bellezza, lentezza e gentilezza: nuove forme di mobilità pulita per recuperare un rapporto intimo con i luoghi e i paesaggi, ripartendo dalle comunità locali per produrre cambiamento “dal basso”, attraverso forme dirette di partecipazione, di attivismo e di protagonismo. In fondo, oggi più che mai, ognuno di noi è chiamato a compiere piccoli gesti che contribuiscono a grandi cambiamenti.

Nelle settimane e nei mesi che verranno, le Piccole Patrie saranno al centro di programmi di formazione gratuita, open day di presentazione e workshop per apprendere ad utilizzare gli strumenti di promozione e valorizzazione. Ad iniziare dalle trasmissioni in diretta streaming sui canali di SIMTUR Live!
Più informazioni sul sito www.simtur.it e scrivendo a simtur.italia@gmail.com
 

Tag:  economia circolarePiccole PatrieSIMTURturismo sostenibile

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