Ma voi lo sapete cos'è la Filippa?

di Paolo Marcesini

08/02/2022


Ecco una storia di Economia Circolare e Comunità. Ve la racconto perché la Filippa è davvero un'altra storia. Ma prima dobbiamo partire da un vecchio libro. C'è una frase di Margaret Atwood, consegnata alla lettura del suo capolavoro "Il racconto dell'ancella" che definisce il dilemma del concetto stesso di transizione, la parola forse più famosa, usata e abusata di questo nostro tempo incerto: "Siete una generazione di transizione. Per voi è più difficile. Sappiamo che da voi si attendono dei sacrifici. È duro subire l'oltraggio dagli uomini. Per quelle che verranno dopo, sarà più facile, perché accetteranno il loro dovere con cuore volonteroso. Non diceva: perché non avranno ricordi. Diceva: perché non vorranno cose che non possono avere." La scrittrice canadese si rivolgeva al futuro della condizione femminile. Noi oggi stiamo parlando del futuro della condizione del Pianeta. Siamo la generazione della transizione e tutti quelli che verranno dopo di noi, se falliremo, rischieranno di non volere più cose che non potranno mai avere. E sarà solo colpa nostra.

Non è fantascienza. È scienza.
Non è futuro. È realtà.
Non è un romanzo. È la vita.

La strada più difficile è quella che porta più in alto.

Leggere un bilancio di sostenibilità per conoscere il nostro desiderio di futuro. Ecco perché Economia Circolare e Comunità. La Filippa è un'altra cosa: Rapporto di sostenibilità Edizione 2020/2021 non è un semplice documento di revisione ma il tentativo di fermare su carta il significato delle parole. Bisogna saperle usare perché le parole sono gli ingredienti principali delle storie e delle idee, una risorsa infinita e illimitata utile a comprendere il mondo che cambia. La Filippa è un'altra cosa anche per questo. 

La strada per la sostenibilità è la ricerca affannosa di un nuovo equilibrio. Non è una passeggiata. Mette in discussione tutto quello che pensavamo di sapere prima ed apre all'incertezza di quello che non potremo più sapere dopo. Il mondo è alla sua prova più difficile. Deve effettuare delle trasformazioni urgenti, necessarie e non più rinviabili. Al tempo stesso deve uscire dalla stagione drammatica della pandemia e dalla sua coda lunga che porta incertezza, paura, conflitto sociale. Ma deve trovare soprattutto la consapevolezza, le idee, le risorse e la forza per ridurre drasticamente l'impatto della crisi climatica e ambientale. Altro che transizione, dovremmo chiedere in prestito al greco un termine più decisivo come la parola "metamorfosi". Perché dobbiamo davvero passare da un modo di esistere a un altro. Possibilmente migliore. Dobbiamo costruire il futuro.
 

Ma la strada è lastricata di dubbi, dilemmi, ritardi, contrasti.

Scrive Sergio Vazzoler nell'introduzione: "Con il corretto recepimento da parte degli Stati membri delle quattro direttive europee del "pacchetto economia circolare, si prevede, infatti, una riduzione media annua delle emissioni di 617 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e, parallelamente, ci si attende un impatto positivo sull'occupazione, con almeno 500mila posti di lavoro in più. Ecco perché appare tanto paradossale quanto incomprensibile la situazione che si sta delineando in Italia. Da una parte non si affronta, attraverso una adeguata programmazione, il cronico deficit di impianti sul territorio nazionale - con il conseguente ricorso all'export che nel solo 2019 oscilla tra un +31% per i rifiuti urbani e un +14% per quelli speciali e che si traduce in un +40%  dei costi di smaltimento - e, dall'altra, l'appesantimento burocratico a cui sono sottoposti quotidianamente gli operatori del settore e la difficoltà ad ottenere nuove autorizzazioni rischia letteralmente di paralizzare il sistema nazionale di gestione dei rifiuti. E così si va a colpire al cuore un settore, quello della gestione rifiuti, che porta in dote al sistema-Paese un giro d'affari di 25 miliardi di euro e che rappresenta un servizio essenziale, prezioso e indispensabile".

Strani paradossi. Siamo seduti su una montagna di opportunità e rischiamo di ostacolarle, ritardarle, perderle. Eppure dal made in Italy al remade in Italy la strada potrebbe essere davvero breve e ugualmente di successo. Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, ci ricorda che l'Italia deve solo fare l'Italia per confermare i suoi primati: "Il nostro è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti, con il 79,3 % di rifiuti avviati a riciclo presenta un'incidenza quasi doppia rispetto alla media UE (39,2%) e superiore agli altri grandi Paesi europei: Francia (55,8%), Regno Unito (50,5%), Spagna (43,5%), Germania al (42,7%). Grazie a questo risparmiamo ogni anno 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e l'emissione di 63 milioni di tonnellate di CO2. La leadership europea dell'Italia nell'economia circolare è un primato ancora poco conosciuto, nonostante si basi su dati oramai consolidati, spesso attribuito alla storica povertà di materie prime e risorse energetiche del Paese, che ha portato la nazione verso una più efficiente riorganizzazione delle filiere, utilizzando intelligenza e creatività (si pensi ai rottami di Brescia, agli stracci di Prato oppure alle cartiere della Lucchesia)." La buona notizia è che l'Economia Circolare la sappiamo fare, la cattiva notizia è che non la stiamo ancora facendo. "Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando, ammoniva Einstein che di tempo non perduto se ne intendeva.

Insomma come vedete inizi a parlare della Filippa e finisci con disegnare il presente e il futuro dell'Italia, dei suoi primati e della sua straordinaria capacità di reinventarsi. Anche rigenerando il concetto stesso di discarica.
 

La discarica deve essere lo strumento imprescindibile che consente di chiudere il ciclo della materia. 

La Filippa è una discarica. Non mi dilungherò nel raccontarvela. Solo poche parole per collocarla nel tempo e nello spazio. Prende il suo nome "gentile" da una cascina a Cairo Montenotte, al confine tra Piemonte e Liguria, dove 60 anni fa era stata aperta una cava di argilla. Facevano mattoni, laterizi. Poi arriva l'intuizione dei fratelli Massimo e Carlo Vaccari, imprenditori liguri di quarta generazione: "I mattoni avevano cominciato a farli i nostri bisnonni, a fine Ottocento, a Valenza Po, in Piemonte e noi, come loro, siamo rimasti attaccati alla terra. Nel passato abbiamo scavato argilla, facendo dei buchi e ora, cogliendo un'opportunità di sviluppo, li riempiamo con materiali non pericolosi ricostituendo la morfologia e le condizioni di fruibilità dell'area. Quando la discarica sarà esaurita, in un'ottica di continua valorizzazione delle risorse, l'area diventerà un parco, con intorno cascine ristrutturate e abitate".

Questa insomma è la Filippa. Poi c'è l'altra storia. Chi ci segue la conosce bene, chi vuole scoprire un capolavoro e un modello di efficienza, sostenibilità, innovazione e coesione  "a misura d'uomo" la capirà molto facilmente. Qua mi interessa ribadire e ricordare con forza un'impresa che prima di tutto è una promessa di sostenibilità mantenuta al suo territorio e a chi la abita. E al tempo stesso è la rivoluzione visionaria, moderna e circolare dei fratelli Vaccari che hanno aggiunto contenuti, proposte, progetti ad una mission identitaria che sta cambiando il concetto stesso di discarica in un esempio di Circular Economy che senza una chiusura del ciclo garantita dalla sua presenza ed efficienza, non sarebbe altrimenti possibile. La Filippa chiude il cerchio. Ovviamente deve essere e rappresentare un modello rigenerativo, misurabile, certificato e garantito. Solo così si diventa parte integrante e motore di sviluppo sostenibile di una comunità di persone. È così che si passa dall'essere Nimby alla richiesta di diventare Pimby, ricorda spesso Massimo Vaccari. Una discarica che diventa un attrattore di benessere, paesaggio. buon vivere. Loro ci sono riusciti.

Il valore condiviso: ambiente e comunità

In sintesi parliamo di un modello e di un metodo. Leggo dal loro Bilancio di Sostenibilità: "Costruendo poche, moderne, sicure e sostenibili discariche di nuova concezione, che diventano un ingranaggio indispensabile dell'intero sistema". In questo modo il materiale che va in discarica può diventare anche uno strumento per recuperare il territorio e renderlo disponibile per nuove iniziative. Perché "La discarica non deve più essere vissuta come un grande bidone della spazzatura". Una rivoluzione possibile, concreta, reale. Da qualche parte ho letto che la sostenibilità accanto alla discarica è diventata un "convertitore di valore". Si tratta del primo caso in Italia di misurazione del ritorno sociale degli investimenti di un'azienda che si occupa di smaltimento dei rifiuti. Parlano di giardini, parchi pubblici, rating di legalità, ambiente, condivisione, coesione, ascolto dei bisogni, responsabilità, incremento dell'attrattività dell'area circostante, valori immobiliari che crescono, persone, trasparenza, educazione, bellezza. Me la voglio ricordare questa frase. Perché se vogliano passare davvero un'economia basata sui consumi a un'economia basata sulla sostenibilità dobbiamo prima di tutto capire come funziona la catena circolare della generazione del valore. Alla Filippa sanno cosa fare e come farlo.

E non è fantascienza.

Per saperne di più consultare il portale web de La Filippa.
 

Tag:  economia circolareLa FilippaMassimo Vaccarirapporto di sostenibilitàsostenibilità

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