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Mense scolastiche e Covid 19: si riducono qualità e sostenibilità
Mense scolastiche e Covid 19: si riducono qualità e sostenibilità
16/11/2020
Se prima dell’emergenza sanitaria la ristorazione scolastica stava indirizzandosi verso menu sempre più sostenibili e salutari, oggi la situazione appare ben diversa: la mensa post lockdown ha semplificato la propria offerta, appiattendosi intorno a pasta e pizza. Lo dice Foodinsider, osservatorio delle mense scolastiche, in un’indagine sulle refezione a scuola presentata insieme a Slow Food Italia.
Hanno partecipato alla conferenza stampa di presentazione della v edizione del rating, Rossella Muroni, vice presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Claudia Paltrinieri, direttrice di Foodinsider, Francesca Rocchi, delegata per le mense scolastiche di Slow Food Italia, e Giulio Barocco, dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Trieste.
Tra i migliori spicca il servizio mensa di Cremona, seguita da Fano, Jesi, Trento, Rimini, Bergamo e Mantova, che si posizionano nella fascia dell’eccellenza all’interno del Rating che ha coinvolto oltre 50 menu scolastici rappresentativi del 28% circa delle realtà italiane.
Valter Longo, Professore di Biogerontologia e direttore dell’Istituto sulla Longevità alla University of Southern California, ha individuato quello di Trento come il migliore menù scolastico italiano, mentre Franco Berrino, medico ed epidemiologo, presidente dell’associazione "La Grande Via per la promozione della longevità in salute attraverso il cibo, l’esercizio fisico e la vita spirituale", preferisce quello di Cremona. Ma entrambi condividono un complessivo giudizio negativo sulla mensa italiana che sta accumulando criticità: i menù comprendono soprattutto paste in bianco, al pomodoro o al pesto e pizze, mentre scompaiono minestre, brodi verdure e legumi.
Ma mangiare a scuola, soprattutto in tempo di pandemia, può essere anche uno strumento di cura, seppure questo comporti difficoltà organizzative e maggiori costi. “La nostra indagine dimostra che più sono diffuse le cucine sul territorio – ha spiegato la direttrice di Foodinsider Claudia Paltrinieri -, più i cuochi sono formati e più è facile curare l’alimentazione dei bambini che, in attesa di vaccini, è tra le migliori armi che abbiamo per proteggere la salute dei nostri figli”. Smontata la prassi del lunch box (monoporzioni sigillate) che non ha funzione di protezione, ma semmai determina rischi concreti quali aumento esponenziale di rifiuti (plastica e cibo), perdita di fragranza dei cibi, impoverimento del potere nutrizionale e protettivo del pasto e reazione conflittuale delle famiglie.
“C’è la necessità di promuovere una mensa capace di fornire ai bambini tutti gli antiossidanti, i polifenoli e le vitamine che i cibi devono avere per alimentare il sistema immunitario, come raccomandato da Oms e Fao”, ha ricordato Giulio Barocco, esperto di sicurezza alimentare e nutrizionale integrata in ristorazione collettiva dell’azienda sanitarie universitaria di Trieste. “soprattutto oggi perché, per un numero sempre più alto di bambini, la mensa è l’unico vero pasto della giornata”. Ricordiamo infatti che mangiare a scuola rappresenta l’unico pasto bilanciato della giornata per oltre il 12% dei minori in condizioni di povertà assoluta (Istat 2019), situazione che può essere peggiorata a seguito delle crisi economica causata dalla pandemia.
L’organizzazione della mensa “è una scelta strategica, una scelta che definirei politica e che dipende dalla cultura e dalla visione degli organi decisionali”, commenta la vice presidente della Commissione Ambiente della Camera, Rossella Muroni. “Il cibo che portiamo a scuola è infatti un potente strumento di politica sociale, economica e ambientale con il quale si possono proteggere i bambini dalla povertà nutrizionale, dall’obesità e dalle malattie, rilanciando un’economia pulita sul territorio”.
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