Metti la sostenibilità nel piatto e salverai il mondo

di Eliana Liotta

23/04/2021

Eliana Liotta. Foto di Matteo Strocchia
In un’epoca come quella in cui viviamo, in cui sono gli esseri umani a influenzare gli eventi della natura, esiste un cibo che sia allo stesso tempo gentile con il nostro corpo e con il pianeta stesso, e faccia bene a entrambi? Eliana Liotta offre la risposta nel suo nuovo libro Il cibo che ci salverà, pubblicato da La nave di Teseo, in cui dimostra quanto sia indispensabile una svolta ecologica a tavola per aiutare la Terra e la salute. Il libro ha il contributo scientifico dello European Institute on Economics and the Environment e del Progetto EAT – Alimentazione sostenibile della Fondazione Gruppo San Donato. Per gentile concessione dell’editore, ne pubblichiamo un estratto.

di Eliana Liotta

Il cibo è come una frontiera tra destini. Tra uomini, donne e bambini che ne sono sommersi e uomini, donne e bambini che non ne hanno abbastanza.

Nel mondo, una persona su nove è denutrita. Ma per ogni individuo che soffre la fame, ce ne sono quasi tre obesi o in sovrappeso, due miliardi circa. In tutti e due i casi il cibo è una minaccia.

Vi riporto il risultato di uno studio che fa riflettere, uscito su Nature a gennaio del 2021: la carne bovina e altre carni rosse forniscono solo l’1% delle calorie alla popolazione della Terra, ma rappresentano il 25% di tutte le emissioni che derivano dall’uso del suolo, cioè dalla coltivazione di cereali, legumi o verdure, dai pascoli delle mucche e dalle aie delle galline. Dunque, un quarto del carbonio che si alza verso l’atmosfera per agricoltura e allevamento deriva dalla produzione di un alimento che contribuisce a una quota piccolissima del fabbisogno energetico dei quasi otto miliardi di persone che abitano il pianeta.

Io credo che abbiamo bisogno di dedicare al cibo un pensiero etico. Come diceva Gandhi: “Nel mondo c’è abbastanza per i bisogni di tutti, non per l’ingordigia di pochi.”

Il paradosso: cresce la fame nel mondo

La FAO segnala che dal 2014 la malnutrizione cronica ha preso lentamente ma inesorabilmente ad aumentare, dopo il calo costante registrato per decenni. E questa è un’informazione che stupisce l’occidentale medio, perché ci sembra sempre che il progresso sia tale da trascinare verso l’alto gli indicatori del benessere, ovunque e comunque. Invece no.

Il paradosso è che la fame nel mondo è cresciuta anche come effetto collaterale del progresso, perché il cibo scarseggia là dove agricoltura e allevamento sono messi in ginocchio dal clima impazzito e il clima è impazzito per il riscaldamento globale, che per un terzo dipende dal sistema alimentare, che a sua volta è ingigantito dai consumi di pochi.
Il ricco signore che in un ricco appartamento di una ricca città riempie i suoi pranzi di scamone, lombata e fesa, oltre a influenzare pericolosamente i suoi livelli di colesterolo, danneggia il cielo di tutti, con un effetto a catena che si ripercuote nei villaggi poveri, facendoli diventare ancora più poveri. Le inondazioni, la siccità o le ondate di afa uccidono il bestiame, distruggono le colture e le persone restano senza nulla, con il piatto vuoto.

Nel 2019 hanno sofferto la fame 690 milioni di abitanti del pianeta, un numero superiore di quasi 60 milioni rispetto all’anno precedente. A loro si aggiunge chi non ha accesso a una dieta sana o nutriente: in totale, sono circa 2 miliardi le persone che affrontano livelli moderati o gravi di insicurezza alimentare. Questi dati sono stati elaborati e pubblicati in un rapporto del 2020 (The State of Food Security and Nutrition in the World, a cura di cinque agenzie, tra cui FAO, OMS e UNICEF), in cui si lancia anche un allarme per le conseguenze dell’emergenza Covid-19, prevedendo che altri 130 milioni di abitanti della terra cadranno nella morsa della malnutrizione cronica.

La FAO spiega, a proposito della fame nel mondo, che tra i fattori chiave dell’inversione di tendenza e del suo aumento ci sono la variabilità climatica e i fenomeni estremi. E c’è sempre qualcuno che osa inveire contro chi abbandona la casa e i parenti per cercare cibo e pace. Circa un miliardo di migranti, internazionali e interni, lascia la propria terra d’origine, quasi uno su sette della popolazione mondiale (dati WHO). Come ha stimato il World Food Programme, la principale organizzazione umanitaria dell’ONU, l’insicurezza alimentare ha un peso molto più alto dei conflitti nella crescita dei flussi migratori.

“Fame Zero” è il numero 2 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, adottati proprio dalle Nazioni Unite per migliorare la vita sulla Terra entro il 2030. Alcuni dei traguardi, stabiliti nel 2015, sono legati al cibo: garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo, salvaguardare le specie marine e terrestri, promuovere il benessere delle persone.

Il cibo non è merce

Quando parlo di cibo etico, parlo anche di un cibo da non sprecare, scartare, rifiutare, comprare secondo una bulimia degli occhi schiavi dell’ingordigia. Riempi il frigo, stipa la dispensa, ammucchia involti di prosciutto “per il panino del figlio”, petti di pollo “se serve un secondo”, crackers “se dovesse mancare il pane”, brioche “così il bambino fa merenda”, scatolette “da aprire al bisogno”, barattoli di salse “perché non si sa mai, potrebbe arrivare un ospite”, tre confezioni di parmigiano “tanto erano in offerta”, formaggio molle e duro, pasta fresca e secca, salmone marinato e affumicato. Troppo.

Ogni italiano getta nella pattumiera di casa 27 chili di vivande all’anno. Sommati al valore del cibo che viene perso lungo la filiera, si arriva in totale a uno spreco di 5,3 milioni di tonnellate di cibo nel nostro Paese, per un valore di circa 10 miliardi di euro (dati Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, 2021).
Un pessimo affare, anche per l’ambiente. Cumuli di alimenti sono stati prodotti e trasportati a vuoto, solo per finire nel bidone, in spregio all’uso di suolo, all’impiego di acqua e alle emissioni di gas serra.

Il cibo non è merce. E non rappresenta solo la soddisfazione di un bisogno di sopravvivenza. È buono da mangiare, è un bel pensiero. Racconta storie, racchiude saperi, suscita piacere fisico e mentale. Ma se smarrisce la sua valenza simbolica diventa una cosa e può essere buttato via.

Chi acquista più di quello che effettivamente mangia è come chi riempie ai buffet piatti che non riuscirà a finire. Si bea dell’accumulo e non considera il valore che ogni frutto o pesce porta con sé.
 
Eliana Liotta, Il cibo che ci salverà, La nave di Teseo, 2021.Eliana Liotta, Il cibo che ci salverà, La nave di Teseo, 2021.
Eliana Liotta, Il cibo che ci salverà, La nave di Teseo, 2021.

Tag:  alimentazioneEuropean Institute on Economics and the EnvironmentProgetto EAT – Alimentazione sostenibilesostenibilità

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