Ogni caloria di cibo ne brucia 13 di petrolio. Lo dice il Cities and circular economy for food

di Andrea Begnini

14/01/2020

Ogni caloria di cibo ne brucia 13 di petrolio. Lo dice il Cities and circular economy for food
Ogni caloria di cibo ne brucia 13 di petrolio. Questo è il rapporto produzione/consumo oggi. Così come ogni secondo viene sprecato nel mondo l’equivalente di 6 camion della spazzatura di cibo commestibile. Ecco perché ridisegnare i sistemi di produzione alimentare sulle regole dell’economia circolare può valere, così come rivelato dal report Cities and circular economy for food presentato al recente forum di Davos, qualcosa come 3mila miliardi di dollari in valore potenziale. Allo stesso tempo, la Commissione Europea ha previsto che in questo settore saranno 875 i miliardi di investimenti in Europa da qui al 2025, 88 miliardi solo in Italia per un potenziale di oltre mezzo milione di posti lavoro. Come già raccontato anche da Italia Circolare, il rapporto ha anche fatto emergere il modo in cui, accanto alla crescita esponenziale di abitanti, entro il 2050 cinque milioni di persone all’anno potrebbero morire a causa di problemi derivati dalla produzione alimentare industriale. 

Ecco perché, allora, l’Università degli Studi Gastronomici di Pollenzo (UNISG) ha di recente presentato la piattaforma di contenuti Circular Economy For Food  e perché, tra le circa duecento esperienze di economia circolare già attive in Italia mappate nell'ultimo anno dal Consorzio di gestione dei RAEE (Ecodom) e dal Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali (CDCA), l'agroalimentare occupa la percentuale maggiore con il 16,3%, seguito dal tessile con il 14,3%, dal riciclo di materie prime seconde e dalla raccolta e gestione dei rifiuti (10,2%). L'economia circolare sviluppa infatti strategie innovative per i processi agricoli e alimentari, utilizzando gli scarti dei singoli processi di lavorazione per una maggiore produttività e un minore impatto ambientale, trasformando gli scarti in materia prima seconda per produrre energia e combustibili da fonti rinnovabili, co-prodotti nutraceutici per il benessere dell’uomo e degli animali, fertilizzanti naturali, operando per la rigenerazione dei suoli, la sostenibilità ambientale dei processi produttivi, il risparmio delle risorse idriche, la riduzione delle emissioni di CO2 e un minore inquinamento.

Come racconta Nick Jeffries nei suoi post su Medium, attualmente il modello di produzione industriale del settore alimentare non utilizza le risorse in modo efficiente e, con l’aumento di popolazione previsto per i prossimi anni, le cose sono destinate a peggiorare. Solo per restare agli standard attuali di consumo, il 50% della terra abitabile del pianeta e il 70% della domanda di acqua dolce vengono assorbiti dall’agricoltura. In questo, la produzione alimentare industriale produce il 30% di cibo utilizzando il 70% di risorse mentre, al contrario, la produzione sostenibile e il sistema dei piccoli agricoltori producono il 70% di cibo utilizzando il 30% di risorse. Cities and circular economy for food conclude sottolineando come, considerato l’attuale stato di degrado in cui versano le aree rurali, il primo passo sia quello di adottare pratiche agricole rigenerative che prevedono, ad esempio, l’abbandono dei fertilizzanti sintetici in favore di quelli organici, la rotazione e l’aumento della variazione delle colture agricole con l'obiettivo di favorire l’incremento della biodiversità.
 

Tag:  circular economyCircular Economy for Food HubCities and circular economy for foodeconomia circolarefiliera circolareUniversità degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo

Sigla.com - Internet Partner
Condividi linkedin share facebook share twitter share