Oste, portaci l'altro vino. Quello sostenibile e circolare.

di Giovanni Franchini

05/10/2020

Photo credits: kolibri5 da Pixabay
Il futuro del vino italiano è nel sostenibile e circolare. Lo conferma il rapporto Italy Landscapes, realizzato da Wine Intelligence, società inglese specializzata in ricerche di mercato che ha registrato quella che era una tendenza già in atto in molte vigne italiane: l'attenzione ai cosiddetti "vini alternativi", a cui guardano con interesse soprattutto le giovani generazioni, più attente alla sostenibilità e all'economia circolare.

"Il vino sostenibile è quello a cui si guarda con maggiore attenzione - si legge nel rapporto - perché porta con sé una serie di elementi valoriali culturali particolarmente sollecitati in questo momento di emergenza sanitaria. Tutto ciò che è salubre e sicuro e maggiormente rispettoso dell'ambiente verrà sempre più premiato dai consumatori”.

E una volta tanto, l'Italia si fa trovare già pronta. Sono tante infatti le aziende e le cantine che producono e vendono un vino capace di unire l'eccellenza del gusto e della qualità, da sempre cifra italiana, con l'attenzione alla sostenibilità e all'economia circolare. 

Kalokagatia è un termine greco, che significa "bello e buono”. "Non c'è un termine analogo in italiano che unisca le due parole, che sono la mia filosofia". Peppino Pagano è un imprenditore vulcanico e questo aggettivo non è solo metaforico, visto che viene dalle pendici del Vesuvio. Dopo essersi trasferito a Paestum e aver fatto una discreta fortuna nell'alberghiero in Cilento, ha deciso di tornare all'antica vocazione familiare: il vino. "Mio padre aveva un'azienda agricola, coltivavamo uva, e ogni giorno nel periodo della vendemmia andavo a pestare il mosto prima di andare a scuola, o a controllare i filari". Trent'anni dopo quel ragazzo ha creato un vino che è assieme un'eccellenza enologica e un esempio di economia circolare. A un tiro di sguardo dai celebri Templi di Paestum la San Salvatore 1988 è una azienda agricola di 97 ettari, di cui 21 coltivati a vigneti e il resto diviso tra frutteti, uliveti, bosco e un allevamento di con 450 bufale. Oltre a latte e yogurt, l'allevamento produce biomassa per produrre energia e letame necessario per i preparati biodinamici, con i loro zoccoli gli animali amalgamano naturalmente paglia e letame e permettono di ottenere un concime biologico sano e altamente nutritivo. La cantina è dotata di un impianto fotovoltaico che rende autosufficiente il processo produttivo e consente di ridurre al minimo l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Infine, l'impianto fotovoltaico produce energia sufficiente per tutta l'azienda e anche di più: "Siamo in credito con l'Enel - dice Pagano - e siamo gli unici nel territorio”. 

In Toscana, la famiglia Frescobaldi produce vino da settecento anni. Dal 2012 le loro vigne, coltivate in base ai principi di agricoltura integrata e sostenibile sono certificate AgriQualità. Le fonti energetiche sono esclusivamente green, provenienti da un proprio impianto a pirolisi di legno alimentato con residui di legno provenienti dalla gestione sostenibile delle proprie foreste di
Nipozzano e Pomino. L’impianto produce annualmente 1.500.000 di KWh, riducendo l’immissione di CO2 in atmosfera di 690 tonnellate, rispetto all’utilizzo di combustibili fossili. Parallelamente sfruttano l’energia termica di raffreddamento dell’impianto, per climatizzare il sito di Sieci (Firenze), generando un ulteriore abbattimento di CO2. Infine, tutto il sottoprodotto della pirolisi viene utilizzato come ammendante organico per concimare circa 100 tonnellate ogni anno.” E come se non bastasse ecco il risparmio sulle emissioni dovuto ad un vetro delle bottiglie più leggero che riduce il consumo di vetro, il consumo di energia ed acqua per il processo produttivo per un ulteriore risparmio di emissioni pari a 350 tonnellate. 

Un’altra eccellenza sostenibile è il Conegliano Valdobbiadene Prosecco, vino prodotti sulle colline venete a 50 km da Venezia e circa 100 dalle Dolomiti. La viticoltura qui ha origini antichissime, la prima citazione scritta che lega il Prosecco a questo territorio risale al 1772 e che ha conquistato anche l’iscrizione nella lista dei Patrimoni naturali dell’umanità dell’Unesco, proprio per lo stretto legale tra coltivatori vitivinicoli e desiderio di conservazione del territorio. Qui dall’anno scorso vige il divieto assoluto di utilizzo di glifosato, facendo diventare così l’intera area della denominazione il più vasto territorio viticolo d’Europa libero da questo erbicida. Fortemente impegnato nella sostenibilità, il Consorzio ha elaborato, in collaborazione con Symbola, la fondazione delle qualità italiane uno studio per evidenziare le best practice nell’ambito della sostenibilità e circolarità della produzione, individuate in cinque dimensioni. La riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari; l’uso razionale delle risorse idriche nel processo vitivinicolo; la protezione delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno; la riduzione di emissioni gas climalteranti e la promozione di misure di efficienza energetica e di produzione di energia da fonti rinnovabili nel processo vitivinicolo; il recupero e riciclo dei materiali/scarti di produzione e promozione di packaging eco-compatibili.

Ma l’attenzione al sostenibile non è fortunatamente appannaggio delle sole eccellenze e delle piccole produzioni. Anche i colossi, se vogliono possono volgere lo sguardo alla conservazione dell’ambiente. È il caso del gruppo Caviro, la più grande cooperativa vitivinicola italiana, che produce il celebre Tavernello, il vino italiano più venduto al mondo. Negli ultimi dieci anni il gruppo ha investito oltre cento milioni di euro in progetti di sviluppo per un modello di produzione sostenibile e un rapporto del 2017 dell’Ocse lo individua come esempio virtuoso di economia circolare. Il modello di produzione è arrivato a utilizzare e reimmettere nel ciclo produttivo tutti i sottoprodotti della lavorazione: dalle vinacce (gli scarti di lavorazione, dagli acini ai sedimenti, alle potature), vengono riutilizzati per produrre alcol (e recentemente, questo alcol è servito a produrre un igienizzante per l’emergenza Covid), agli scarti della seconda fase di lavorazione, che diventano terriccio, fertilizzanti e biometano, che permette al gruppo non solo di essere indipendente energeticamente, ma di immettere energia nel mercato.
 

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