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Per il 72% degli italiani l'emergenza ambientale è al centro della crisi
Per il 72% degli italiani l'emergenza ambientale è al centro della crisi
di Claudia Ceccarelli
05/08/2020
Se c’è qualcuno che pensava che l’emergenza economica seguita alla crisi sanitaria potesse diventare una giustificazione per iniziative di ripresa produttiva purchessia, anche senza badare troppo all’ambiente, è costretto a vedersi per la seconda volta smentito.
Prima c’è stata l’Unione Europea che ha messo al centro del Recovery Fund le politiche green, indicando nel 30% dei fondi quelli da destinare espressamente allo sviluppo sostenibile e vincolando comunque il 70% dell’erogazione a progetti che corrispondano al principio del “non nuocere”, per consentire il raggiungimento nel 2030 degli Accordi di Parigi.
Ora è la maggioranza degli italiani ad indicare con grande nettezza nel cambiamento climatico un problema più serio sul lungo periodo della pandemia Covid-19. L’ultima ricerca Ipsos su sostenibilità e ambiente nel post-lockdown, pubblicata in questi giorni, rivela infatti che il 72% degli italiani è fortemente preoccupato per la crisi climatica e che l’80% ritiene che il governo dovrebbe considerare il problema ambientale come primario per il rilancio economico del Paese.
Insieme alla richiesta rivolta alla classe dirigente, politica ma anche imprenditoriale, c’è la disponibilità sempre più diffusa a fare la propria parte (85% degli intervistati) sia con scelte di consumo che privilegino prodotti di qualità, migliori per il benessere individuale e per l’ambiente, sia adottando comportamenti virtuosi come ridurre il consumo di plastica e differenziarla correttamente. Basti pensare che durante la fase di maggiore emergenza da Covid-19, in pieno lockdown, quando niente si poteva fare tranne procurarsi i beni essenziali, la quasi totalità dei consumatori (93%) ha ritenuto la sostenibilità ambientale un elemento importante nelle proprie scelte di acquisto (con una impennata del biologico e del made in Italy).
Lo studio Ipsos, che si proponeva di indagare se le paure per le conseguenze sanitarie ed economiche della pandemia avessero diminuito la sensibilità e l’attenzione degli italiani rispetto ai temi ambientali, ha dunque fatto emergere esattamente il contrario. Attenzione e sensibilità si sono radicate e approfondite, diventando una consapevole domanda etica e politica ed insieme una dichiarazione di impegno individuale da parte di ben 8 italiani su 10, con una percentuale ancora più alta tra i
millennial
. Non solo, complessivamente il 96% degli intervistati (articolati in un 33% di fautori ed un 63% di convinti che non sia possibile una strada diversa) ritiene che ci siano le condizioni per abbracciare con decisione un percorso di sviluppo sostenibile.
Anche il fatto che la pandemia abbia richiesto misure di protezione fondate soprattutto sull’uso della plastica, come mascherine e guanti, e imballaggi per prodotti e cibi, non ha modificato l’opinione che l’uso della plastica deve essere ridotto. Come sottolinea Andrea Alemanno, Senior Client Officer di Ipsos, “secondo recenti stime sarebbero già oltre 500 mila le tonnellate di guanti e mascherine da smaltire a seguito dell’emergenza. Per questo abbiamo voluto indagare anche se la popolazione sia ancora diffidente verso gli imballaggi di plastica o se questa sensibilità sia finita in secondo piano a causa della situazione di forza maggiore”. Il sondaggio ha, invece, confermato che il 95% degli italiani continua a considerare la plastica un problema serio, e cresce addirittura la preoccupazione generale con il 53% che definisce la situazione già oggi molto grave (+3% rispetto al 2018).
“Un’ultima nota interessante viene dal ruolo della tecnologia, oggi ritenuta sempre più come un possibile alleato contro il cambiamento climatico” ha aggiunto Enrica Tiozzo, senior client officer di Ipsos. “Cresce nelle persone la fiducia di poter fare qualcosa, non solo in ottica preventiva ma anche risolutiva. Magari proprio attraverso il progresso scientifico. Ad esempio, ben il 76% degli italiani oggi è convinto che in futuro sarà possibile individuare nuove tecniche che permetteranno di accelerare la degradazione della plastica. Una speranza che sempre più persone accompagnano con un impegno concreto nella loro quotidianità”.
La domanda è chiara e le risorse non mancano. Ora è il momento delle risposte.
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