Per una sostenibile resilienza all'IA

di Daniela Cavallo

10/06/2025

Per una sostenibile resilienza all'IA

Dall’arte, al paesaggio fino al gemello digitale. L'intelligenza artificiale (IA) è un insieme di tecnologie che consentono alle “macchine” di eseguire una serie di funzioni avanzate: l'ascesa dell'intelligenza artificiale segna una svolta nella storia della filosofia e della metafisica. 

L'emergere di macchine pensanti e potenzialmente coscienti ridefinisce il concetto di “essere” e ci obbliga a rivedere le nostre idee riguardo alla coscienza, all'identità e all’autonomia. 
Ma l’essere umano ha preso coscienza? Sa cosa sia l’identità? In cosa si riconosce? Se il ragionamento lo applico ai territori, ad esempio alla situazione attuale dei Centri storici italiani, cosa vedo? 
Se l’essere umano non ha preso coscienza, consapevolezza, identità, il rischio che possa perdere autonomia con l’intelligenza artificiale è alto: essa rappresenta anche qualcosa di metafisico, di altro, che in assenza di spiritualità si sostituisce, diventa un “qualcosa” al quale l’uomo si affida in toto per non esplorare se stesso e il suo ambiente. 
La tecnologia può diventare un pretesto, per non esercitare più il pensiero, l’affidarsi diventa delegare, il rischio accresce ancora di più: cervello e cuore possono atrofizzarsi.

Pensando all’intelligenza artificiale vediamolo come un percorso pseudo filosofico, un esercizio certamente umano, e dunque cercare di capire “come” valorizzare i territori e i gli abitanti facendo si che il digitale sia uno strumento e non il fine.
Il “come” attiene al mondo dell’etica, dell’”ethos” greco che, guarda caso, era una delle parti della città, della polis, quella dove si instaurano le relazioni sociali, il luogo da vivere. “Come” attiene alla scelta, in qualche modo si avvicina al libero arbitrio, ciò che ci rende umani: come posso utilizzare il digitale mi permetterà di restare umano, di valorizzare me stesso e il mio mondo reale.

Siamo in un momento epocale, siamo in un vivere liminare, di confine, sulla soglia tra reale e virtuale, ciò che non bisogna dimenticare è la capacità, meglio ancora, il potere di progettare, ciò che fa la differenza. Il filosofo Franco Rella ci ricorda che “Progettare significa costruire il luogo della differenza, perché ciò che è solo possibile diventi reale. I progetti sono infatti “frammenti dell’avvenire”. Il progetto è il germe soggettivo di un oggetto in divenire.”
Spesso confondiamo la tecnologia il digitale dandogli valore di obiettivo, e questo ci confonde ci destabilizza, in realtà è un strumento; ma se non abbiamo questa consapevolezza non sappiamo utilizzarlo correttamente. Il sapere, il conoscere sono quel cibo per la mente, ciò che alimenta pensiero e progetto per costruire le visioni di tutti i futuri possibili.
E l’arte è lo strumento migliore per immaginare, per viaggiare, per progettare: “La Grande Arte - sempre Rella - si colloca in definitiva negli interstizi tra la percezione del reale e i concetti, apre alla ragione immaginale in atto che fa transitare sulle soglie del visibile e attraverso lo spigolo del visibile «ci rende percepibile l’invisibile», ciò che sta oltre il confine, basta pensare alla siepe di Leopardi o all’immagine della mela di Cézanne”. 

Pensiamo al Surrealismo, alla Pipa di Magritte “questa non è una pipa”, è la sua rappresentazione. Questa coscienza è necessario avere con l’IA per non essere novelli Narcisi e cadere nell’inganno, pena la morte. Un inganno che porta dritto dritto al tema dell’identità, non essere in grado di riconoscersi.
Quanto ciò accade per i territori: saper utilizzare per esempio il Digital Twin Land, un gemello digitale, sapendo che è una rappresentazione della realtà, ci può essere molto utile per risolvere problemi che ci affliggono, come le infrastrutture, la mobilità. Torniamo sempre al “come”.

L’intelligenza artificiale è una contraddizione in termini: intelligenza è l’atto del comprendere, anche come intesa, dunque non qualcosa di meccanico, l’aggettivo non va che a definirne la paternità, ovvero la presenza di un Artifex, di un artefice, l’uomo. Non ha vita propria, nè autonomia. l’IA può lavorare su modelli, territoriali, ma è uno strumento nuovo per un approccio antico: il David di Michelangelo a Firenze è stato commissionato dalla Signoria perchè fosse “un modello territoriale” della forza di Firenze, una forza colta, raffinata che usa l’intelligenza, dunque l’arte per esprimere la propria ricchezza, la propria identità.
Così la semplice Gondola di Venezia, è un modello territoriale, è Venezia con tutta la sua laguna racchiuse nelle forme a prua, dal cappello del Doge alla forma del Canal Grande, ai Sestrieri alle isole, al Canale della Giudecca. Modelli che davano una visione del territorio, ciò che a noi oggi manca nella Governance delle città, progetti a macchia di leopardo senza guida, senza la consapevolezza che il territorio è un soggetto vivente. E il digitale rischia di dividere, allontanare se non conosco.

“Il progetto è il germe soggettivo di un oggetto in divenire, - ancora Rella - che si caratterizza, per la sua totale soggettività e per la sua necessaria oggettività fisica e morale, in rapporto al tempo. I progetti sono infatti “frammenti dell’avvenire”. Rispetto ad essi “essenziale è la capacità di idealizzare immediatamente degli oggetti e, insieme, di realizzarli, di integrarli, e parzialmente eseguirli in sé”.
Che progetto sono oggi i nostri Centri storici, per esempio? Che paesaggio ci rimandano? Abbiamo preso coscienza di che tempo stiamo vivendo? O viviamo già in un mondo altro, virtuale? Perché i Centri storici italiani si trovano in una condizione di abbandono e di disinteresse, se non di sfruttamento a scopo meramente turistico (dove il turismo è una risorsa mal gestita), che nemmeno l’intelligenza artificiale avrebbe reso tali.
C’è sempre Cronos che mangia i suoi figli, dietro l’angolo, per paura di non essere noi sopraffatti, rischiamo di perdere consapevolezza del futuro, di cosa o chi siamo. Dobbiamo essere curiosi, affamati di conoscenza, di emozioni, per poter usare l’IA.