Rigenerazione urbana: un'opportunità per i Comuni italiani

di Claudia Ceccarelli

07/04/2021


Per le amministrazioni comunali di realtà con più di 15000 abitanti è giunto il momento di tirare fuori e mettere mano ai progetti di rigenerazione urbana che hanno nel cassetto, perché sono state stanziate risorse per realizzarli. Si tratta di 8,5 miliardi di euro di finanziamenti distribuiti in un arco di 14 anni, tra il 2021 e il 2034, stanziati dal governo Conte con il Dpcm 21 gennaio 2021. Più nel dettaglio, per il 2021 il Fondo ammonta a 150 milioni di euro, per salire a 250 milioni nel 2022 e a 550 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Dal 2025 al 2034 lo stanziamento sarà di 700 milioni di euro. 

Guardando al primo triennio 2021-2023, l’opportunità si rivela preziosa: i Comuni beneficiari possono infatti fare richiesta, per uno o più interventi, entro i seguenti limiti massimi: 5 mln di euro per i Comuni da 15.000 a 49.999 abitanti; 10 mln di euro per i Comuni da 50.000 a 100.000 abitanti; 20 mln di euro per i comuni con popolazione superiore o uguale a 100.001 abitanti, per i Comuni capoluogo o sede di città metropolitana. 

Lo scopo del Fondo è quello di sostenere gli enti locali che adottano politiche di rigenerazione urbana che si inseriscono a pieno titolo sia tra le strategie del Green New Deal, per la riduzione del consumo di suolo e l’applicazione dei principi dell’economia circolare al recupero del costruito in una chiave di sostenibilità ambientale e sociale insieme, sia nel Piano per la ripresa e la resilienza nazionale che dovrebbe traghettarci fuori dalla crisi pandemica (non a caso i progetti dovranno riportare su tutti i documenti di riferimento la dicitura “finanziato dall'Unione europea – NextGenerationEU”).

L’obiettivo è il miglioramento della qualità della vita nelle nostre città, soprattutto in quelle aree che per diversi motivi possono essere esposte a fenomeni di marginalizzazione, se non addirittura di degrado sociale.
I progetti potranno riguardare: 
a) la manutenzione per il riuso e la ri-funzionalizzazione di aree e di strutture edilizie esistenti pubbliche per finalità di interesse sociale, (compresa anche la demolizione di opere abusive realizzate da privati); 
b) il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche grazie a interventi di ristrutturazione edilizia di immobili pubblici, per promuovere lo sviluppo di servizi sociali e culturali, educativi e didattici;  
c) interventi a favore della mobilità sostenibile.

Certo, occorre che le amministrazioni pubbliche abbiano elaborato una politica di gestione delle aree urbane attenta alle criticità e alle urgenze sociali, magari avvalendosi di quella partecipazione diffusa e spesso organizzata in comitati e associazioni di cittadini che sta assumendo una sempre maggiore importanza nel segnalare problemi così come nell’individuare possibili e concrete soluzioni. Potranno infatti rientrare tra i beneficiari soltanto quei progetti che si riferiscono a opere che sono già inserite nella programmazione annuale o triennale degli enti locali e che rientrano nello strumento urbanistico comunale.

Ora il tempo stringe: le domande vanno presentate entro il 4 giugno prossimo, utilizzando il modello informatizzato approvato e reso disponibile proprio in questi giorni, ed entro i primi di agosto il Ministero dell’Interno, insieme col Ministero delle Infrastrutture, determinerà l’ammontare del contributo.
L’accesso ai finanziamenti avviene fino a esaurimento delle risorse: in caso di domande superiori allo stanziamento avranno priorità quelle che intervengono in aree con un Indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) più alto.

L'Indice, elaborato dall’Istat, esprime il rischio potenziale di esposizione a condizioni di incertezza sociale ed economica, anche non in presenza di una effettiva situazione di disagio materiale e sociale. Sono sette gli indicatori fondamentali considerati: l’incidenza percentuale di popolazione tra i 25 e i 64 anni analfabeta e alfabeta ma senza titolo di studio; l’incidenza percentuale di famiglie con potenziale disagio economico; di famiglie con potenziale disagio assistenziale; di popolazione in situazioni di affollamento grave; di famiglie con 6 e più componenti; di famiglie mono-genitoriali  giovani  e adulte; e, infine, l’incidenza percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni non attivi e non studenti.

Occuparsi di rigenerazione urbana secondo questa prospettiva significa dunque esercitare un’azione di protezione verso fasce di popolazione più deboli, e nel contempo rafforzare la capacità di resistere e reagire alle avversità impreviste da parte dell’intera comunità, come questa esperienza pandemica ci ha mostrato.  
“Cambiare la struttura urbanistica di una città significa cambiarne la morale” ha detto Raffaele La Capria. Dopo tanti arretramenti, ora si può provare a recuperare ciò che esiste per migliorare la qualità del nostro vivere. Materiale e morale.
 

Tag:  economia circolareNext Generation EUrigenerazione urbanasostenibilità

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