Rileggere la Laudato si’ per capire come muoversi nella nostra casa comune

di Giuseppina Fusco

01/06/2022

Credits: Asaf Ud Daula

Giuseppina Fusco è Presidente della Fondazione Filippo Caracciolo, Presidente Automobile Club Roma e Vice Presidente ACI. Il testo che pubblichiamo è stato presentato durante la tavola rotonda "Emozioni per generare il cambiamento", in occasione della presentazione della mostra fotografica di Lia Beltrami e Asaf Ud Daula dedicata all'Enciclica "Laudato si'" di Papa Francesco.

Gli studi della Fondazione Caracciolo sulle tematiche della transizione ecologica - per quanto riguarda, in particolare, il settore dei trasporti e della mobilità automobilistica -  studi intrapresi diversi anni orsono - forse in concomitanza con la pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’ e, quindi, prima ancora che la transizione ecologica diventasse centrale nell’Agenda dei Paesi europei e industrializzati e nei dibattiti internazionali - hanno preso le mosse dalla consapevolezza che il settore dei trasporti contribuisce, in modo purtroppo rilevante, alle emissioni di inquinanti, alle emissioni di gas serra, al surriscaldamento del clima e allo stato di dissesto in cui versa il nostro Pianeta: “La casa comune che appartiene a tutti noi e di cui tutti noi dobbiamo avere cura”, per riprendere le parole del Santo Padre alla base dello sviluppo di tutta l’Enciclica Laudato si’. 

Proprio ispirandosi a quel concetto di casa comune ed ai principi contenuti nell’Enciclica, i nostri studi sono sempre sviluppati in un’ottica globale, tenendo, cioè, conto dell’ambiente integrale, come ci indica di fare il Santo Padre. Cosa vuol dire? Vuole dire che, studiando i trasporti e la mobilità, in ogni valutazione e nell’argomentazione delle possibili azioni volte a realizzare la sostenibilità ambientale in senso globale, noi esaminiamo tutte le correlazioni esistenti. Ricordo, anche qui, le parole del Santo Padre: “Ogni intervento in un’area non può prescindere dal considerare le conseguenze nelle altre aree”. 

E questo noi lo facciamo con grande attenzione, con rigore scientifico, integrità e oggettività. Di ogni azione cerchiamo di misurare, nei limiti del possibile, i riflessi sull’uomo, sulla sua salute, sul suo benessere, sulla sua sicurezza: l’incidentalità automobilistica è, ancora oggi, è una delle principali cause di mortalità nel mondo. Noi cerchiamo di valutare gli impatti sull’ambiente, sul contesto globale ma anche sul sistema industriale, sul sistema occupazionale, economico e sociale. Tutto questo, con una attenzione particolare - e lo sottolineo - alle aree più depresse, non solo del nostro Paese ma del mondo: attenzione rivolta soprattutto alle fasce più deboli della popolazione, vuoi per condizioni fisiche, vuoi per condizioni geografiche, economiche e sociali.

Permettetemi, allora, di condividere alcune considerazioni che emergono dai nostri studi – considerazioni che nascono proprio da questa visione globale delle tematiche legate al risanamento dell’ambiente – relativamente alla transizione ecologica nel settore automotive. Come sapete, Paesi europei e Italia hanno intrapreso un percorso che va verso la conversione del parco automobilistico in auto elettriche. Un percorso importante e complesso che non deve sottovalutare la corretta valutazione delle emissioni di Co2, per evitare il rischio di intraprendere strade sbagliate: ricordiamoci che un'auto elettrica è totalmente pulita quando l’energia è prodotta da fonti interamente rinnovabili. 

Qualche mese fa, quando la strada dell’elettrificazione era stata intrapresa senza se e senza ma, avrei dedicato molto tempo a questo aspetto. Di recente, però, abbiamo ascoltato - anche dalle parole del Ministro della Transizione ecologica - quanto sia importante che l’evoluzione verso l’auto elettrica avvenga in armonia con lo sviluppo delle fonti rinnovabili e con lo sviluppo delle infrastrutture di distribuzione e dei sistemi di accumulo.

Vorrei, quindi, soffermarmi su un altro aspetto che ritengo di particolare rilievo: tutti voi sapete che - allo stato delle tecnologie - le materie prime per la produzione di batterie e pannelli fotovoltaici sono litio, cobalto e terre rare che si trovano - allo stato delle prospezioni geologiche - nei Paesi più poveri dell’Africa ed equatoriali del Sud America. La corsa all'auto elettrica non deve, quindi, portarci a sfruttare quei territori né a ripetere certi comportamenti colonialisti, tenuti in passato quando si è verificata la lotta all’accaparramento del petrolio e del gas naturale.

Non dobbiamo dimenticare che questi giacimenti appartengono oggi, per la quasi totalità, a Paesi che non hanno lo stesso nostro codice etico, che non hanno la stessa attenzione al lavoro e che, talvolta, purtroppo sfruttano il lavoro minorile. Sottolineo questo perché – al contrario degli altri temi in discussione a proposito della transizione ecologica - è un tema che non è al centro di un ampio dibattito. È, quindi, necessario parlarne, così come è necessario ricordare che, con le attuali tecnologie, lo sfruttamento di queste miniere ha degli impatti sull’ambiente, emissioni di sostanze tossiche nocive che fanno male alle persone. Con questo, lungi da me lo scoraggiare il percorso verso l'elettrificazione della mobilità automobilistica; dobbiamo, però, fare in modo che non si creino forme di schiavitù. Le parole del Papa - soprattutto per noi che viviamo in una civiltà diversa - devono proprio invitarci a tenere conto di questi aspetti.

Un’altra considerazione riguarda la produzione dei biocarburanti e del biometano. Siamo tutti d’accordo che le auto endotermiche inquinano di più, aldilà di una valutazione corretta dell’effettivo differenziale con le auto elettriche, che non è così elevato come si dice. Noi dobbiamo considerare che, a livello scientifico, risulta che la produzione dei gas serra - CO2 in particolare - si riduce drasticamente man mano che aumenta la percentuale di biocarburanti e di biometano nella miscelazione con i combustibili fossili. Biocarburanti e biometano possono essere ottenuti da residui della produzione industriale, da olii esausti, da scarti dell’agricoltura, da biomasse e rifiuti civili e, quindi, sviluppando la produzione di questi combustibili non fossili non soltanto si possono ridurre le emissioni di anidride carbonica, ma si dà impulso a quella economia circolare alla quale l’Enciclica Laudato si’ dedica moltissime pagine. Senza considerare che i biocarburanti possono essere ottenuti anche da olii vegetali estratti da piante che nascono spontaneamente, o quasi spontaneamente, nelle zone aride e nelle zone desertiche. E allora l’Italia, che è al centro del Mediterraneo, può forse dare un contributo importante allo sviluppo dell’economia dei Paesi africani che si affacciano sul nostro mare, sviluppando importanti materie prime per la produzione e l’integrazione dei combustibili fossili.

Ho richiamato questi temi perché mi sembravano i più interessanti sotto il profilo dell’invito che ci rivolge il Santo Padre, ma vorrei chiudere tornando all’auto elettrica. Il nostro personale suggerimento a questo proposito è che l’incentivazione della penetrazione dell’auto elettrica venga sviluppata un pochino più in là nel tempo, a mano a mano che le tecnologie evolveranno e che i costi dell’auto elettrica diminuiranno. Questo, perché non possiamo creare altre sperequazioni, quando già dalle nostre analisi risulta che, nel nostro meridione, la diffusione di auto euro6 di ultima generazione è quasi nulla. È difficile immaginare che le fasce più povere, le fasce sociali con un reddito più basso possano acquistare un’auto elettrica. Aiutiamole, allora, a rinnovare la loro auto vecchia che, a volte, è ancora euro1, euro2, euro3. Quasi un terzo del nostro parco circolante è costituito di auto vecchissime, molto inquinanti e molto insicure. Aiutiamo, dunque, i più poveri del nostro Paese a rinnovare l’auto: se la conservano non è perché ci sono affezionati. È perché non si possono permettere di comprarne una nuova.
 

Tag:  Laudato si' di Papa Francescotransizione ecologica

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