Sostenibilità e circolarità dello Smart Working per la rigenerazione degli spazi urbani

di Claudia Ceccarelli

08/05/2020

Ora che l’emergenza sanitaria per il Covid-19 ha messo al centro la questione della biosicurezza dei lavoratori, questione nuova a cui eravamo del tutto impreparati sul piano culturale e delle pratiche, il ricorso massiccio al lavoro da remoto ha consentito di contenere il contagio e di attenuare gli effetti del lockdown.

Ma, nel pieno della Fase 2 della ripartenza, occorre uscire da una logica dell’emergenza, che è quella sanitaria, ma è anche quella economica, ma è anche quella climatica, in un concatenarsi di emergenze che sta ormai gridandoci la urgente necessità di programmare e pianificare con consapevolezza un cambiamento non più rinviabile. E anche in questa Fase, lo Smart Working può occupare un ruolo centrale, per i suoi aspetti sostenibili e circolari, nonostante l'Italia parta da una posizione di oggettivo svantaggio, con il 79% dei lavoratori che lo ha sperimentato per la prima volta in questi ultimi mesi (indagine Infojobs Smart Working 2020).
   
Se pensiamo che soltanto nel nostro Paese, ogni giorno, 19 milioni di persone si muovono per raggiungere il proprio posto di lavoro con 703 milioni di chilometri percorsi, 29 tonnellate di combustibile consumate, 87 tonnellate di CO2, 18 tonnellate di polveri sottili e 243 tonnellate di ossidi di azoto immesse nell’atmosfera, si comprende come ridurre questi spostamenti determinerebbe un enorme beneficio sul piano della sostenibilità ambientale. Proseguire nel lavoro in modalità Smart Working significa ridurre traffico, congestionamento delle vie di comunicazione, affollamento di mezzi pubblici e inquinamento.
Ma significa anche ridurre quella polarizzazione degli spazi che ha condizionato e peggiorato le nostre città e abbassato la qualità della nostra vita negli ultimi decenni. E qui sta la sua circolarità: il lavoro agile è uno degli approcci possibili al decentramento, che questa pandemia ci ha indicato come necessario, invertendo la rotta della concentrazione dei servizi fin qui seguita. Lavorare da casa o in luoghi di coworking disseminati nei quartieri, difatti, vuol dire impedire lo svuotamento delle periferie a vantaggio di alcune zone cittadine o metropolitane. Significa distribuire i servizi pubblici in tutti i quartieri (a partire da quelli sanitari), progettare spazi sociali e culturali diffusi, individuare aree pedonali e piste ciclabili, rianimare il commercio di prossimità.

“Come all’interno di un’azienda lo Smart Working non è solo una metodologia di lavoro flessibile e da remoto ma soprattutto una crescita culturale e una innovazione organizzativa basata su cooperazione, fiducia responsabilizzazione e obiettivi– ha spiegato Marina Penna, ricercatrice dell’unità Studi e Strategie dell’Enea a “Spremute digitali”-, così, estendendo gli stessi concetti all’intero contesto urbano, le iniziative di Smart Working delle singole organizzazioni potrebbero essere stimolate, coordinate, sostenute e governate in uno strumento di policy unitario e partecipato, per operare sull’organizzazione delle città.”
Che questo argomento stia diventando centrale, sul piano culturale, così come del consenso politico, perché capace di offrire una risposta al bisogno largamente diffuso e condiviso del recupero di una dimensione “più a misura d’uomo” degli spazi e dei tempi di vita, lo dimostra il tema della “città dei 15 minuti”, su cui la sindaca di Parigi Anne Hidalgo sta sviluppando la sua campagna elettorale.
La Ville du quart d’heure, teorizzata da un docente della Sorbona, Carlos Moreno, partendo da questa considerazione: «Viviamo in città frammentate, dove spesso lavoriamo lontano da dove viviamo, dove non conosciamo i nostri vicini, dove siamo soli, dove soffriamo», è una promessa. Quella di “progettare” una città vivibile, dove tutto è disponibile a 15 minuti dalla propria abitazione, a piedi o in bicicletta, con la totale accessibilità ciclabile e pedonale. Dunque 15 minuti per fare la spesa, per portare il figlio a scuola, per andare a lavorare, per andare al parco, per andare al cinema o in biblioteca. Si riducono il traffico e i livelli di inquinamento, ma soprattutto si valorizzano e si riscoprono la vita dei quartieri e i rapporti  di vicinato. E in questo progetto neo-vitruviano, misurato su un raggio di 15 minuti, lo Smart Working è indicato come una delle leve del cambiamento.

Lasciando Parigi, e concentrandoci su quanto è esportabile nella filosofia del progetto, appare evidente come la scelta del decentramento e della vita a misura di quartiere possa contenere dei rischi. In questo modello difatti tutto dipende da come è il quartiere. E sono davvero molti quelli che necessitano di profondi ripensamenti e di un’azione di rigenerazione radicale. Anche questa è economia circolare: ripensare le anonime periferie sprawl, i quartieri degradati, a partire dai cosiddetti quartieri dormitorio, dove allo stato attuale nemmeno esistono strutture e spazi pensati per accogliere una vita sociale ricreativa e culturale; recuperare aree dismesse da destinare alle funzioni dei servizi diffusi; bonificare aree industriali abbandonate da dedicare al verde urbano.
Dalla riorganizzazione del lavoro si arriva così alla riorganizzazione degli spazi urbani, in linea con i principi dell’economia circolare, che risparmia energia e materia, non spreca spazio, tempo e risorse individuali e pubbliche e promuove la valorizzazione delle opportunità territoriali e di comunità su base locale.
Consentire alle persone di recuperare il proprio spazio di vita più prossimo, promuovendo lo Smart Working, laddove è possibile, è un volano di sviluppo, non solo individuale, non solo aziendale, ma anche collettivo, se questa rivoluzione culturale del lavoro permette anche di innescare un articolato piano di riassetto e di recupero urbanistico partendo dai rinnovati bisogni dei cittadini. Un piano fondamentale  per non cadere nel rischio opposto, sempre in agguato, di accentuare le differenze socio economiche pre-esistenti, determinando nuove forme di ghettizzazione per zone di provenienza, con un’ulteriore riduzione di opportunità per un paese come il nostro, che è già a mobilità sociale zero.
 

Tag:  economia circolaresmart workingsostenibilitàspazi urbani

Sigla.com - Internet Partner
Condividi linkedin share facebook share twitter share