Sul futuro del pianeta dobbiamo scegliere tra la capra e i cavoli

di Giovanni Franchini

16/07/2021


La narrazione principale sul futuro del nostro pianeta si basa essenzialmente su un obiettivo: riusciremo a salvare sia la capra che i cavoli. Riusciremo cioè a coniugare crescita economica (e relativo nostro stile di vita) con la salvaguardia del pianeta, a cominciare dal clima. Come riusciremo a farlo?

Le narrazioni prevalenti ci raccontano delle energie rinnovabili che sostituiranno quelle provenienti dal fossile (petrolio, carbone, gas), dell'economia circolare, che rivoluzionerà il concetto stesso di prodotto, creato per essere riutilizzato, della sostenibilità come principio in ogni ambito dell'agire umano. 

Fatto questo tutto andrà a posto, e potremo continuare a pretendere l'ultimo modello di smartphone, di viaggiare in aereo per raggiungere qualsiasi destinazione nel mondo, a comprare qualunque genere di bene di consumo, specialmente quelli superflui. 

In sostanza, riusciremo davvero a salvare capra e cavoli. 

Nicolò Bellanca è Professore associato in Economia Applicata presso la Scuola di Economia dell’Università di Firenze, dove insegna Economia dello Sviluppo e Macroeconomia. Luca Pardi è ricercatore all'Istituto per i Processi Chimico-Fisici – CNR di Pisa

Assieme hanno scritto un libro che mette in dubbio questa narrazione ottimistica sulla sostenibilità capace di assorbire il nostro intero stile di vita. Ili libro si chiama appunto O la capra o i cavoli e mette in fila una serie di situazioni e dati che hanno come effetto di dimostrare la completa implausibilità di una rivoluzione verde che da sola sarà in grado di salvare il nostro sistema economico basato sulla crescita continua dei consumi.

Qualcuno potrebbe pensare al solito libro-monito-allarme che propone la decrescita come salvezza dell'umanità. Ma la tesi del libro di Pardi e Bellanca è diversa, e fortemente ancorata a dati scientifici difficilmente confutabili. Ma è una tesi che offre anche degli scenari futuri che non prevedono decrescite punitive generalizzate, ma piuttosto una razionalizzazione dei consumi

Ma andiamo per ordine. Esaminiamo anzitutto la situazione attuale, cominciando dall'energia e dallo stato delle risorse fossili: carbone, gas e petrolio.  

Essendo risorse fossili sono soggette ad esaurimento. Il metodo di calcolo è il cosidetto "picco". Un giacimento appena trovato produce estrazioni crescenti. Poi c'è un momento di picco, dove le estrazioni restano costanti e successivamente avviene il declino. Estrazioni decrescenti a costi crescenti. Questa situazione riguarda tutte le risorse fossili, ma il petrolio è in una situazione peggiore, per due motivi. La prima è che il cosiddetto picco è già stato osservato nella maggior parte dei giacimenti. E la seconda risiede nella semplice constatazione che tutta la società industriale planetaria è fondata sul petrolio. Il libro di Bellanca e Pardi dimostra che togliendo il petrolio, vengono a mancare anche le altre risorse fossili. 

"Viviamo in un mondo completamente dipendente dal petrolio. Negli ultimi trecento anni l'intera civiltà industriale si è legata a doppio filo al consumo di risorse non rinnovabili: carbone, gas e naturalmente petrolio. Ma è soprattutto dal petrolio che ricaviamo lo stile di vita odierno: il petrolio ci consente di estrarre carbone e gas e di trasportarlo dove serve. È dal petrolio che ricaviamo la maggior parte dei materiali usati nella tecnologia moderna, dalla fusione e produzione dei metalli alla plastica, dalla produzione di cibo con l’uso di fertilizzanti e fitofarmaci all'agricoltura, dall' allevamento, alla pesca, fino ai trasporti terrestri e aerei. Per ogni caloria proveniente dalle filiere agricole industriali che ci troviamo nel piatto, sono state investite da 4 a 10 calorie di combustibili fossili, principalmente petrolio". 

Il petrolio, come dimostra il libro di Bellanca e Pardi, ha già raggiunto il suo picco, entro il 2040, al più tardi inizierà il declino per poi arrivare in non molti anni al suo completo esaurimento. Per quella data, se non sarà intervenuto un radicale piano di sostituzione della risorsa, e un ripensamento totale del nostro sistema industriale, il rischio sarebbe di tornare a una situazione pre industriale, dove le fonti energetiche sono essenzialmente solo quattro: forza muscolare e trazione animale, cadute di acqua, vento, combustione delle biomasse.  

E le energie rinnovabili? Sono valide se aggiunte al sistema attuale, ma in uno schema di radicale decarbonizzazione dell'economia, mostrano tutti i loro limiti. I loro difetti principali risiedono "nell'essere intermittenti e distribuite su grandi estensioni di territorio. Necessitano quindi di sistemi di stoccaggio a breve (ore), medio (giorni-settimane) e lungo periodo (stagionali), nonché di un non facile governo del territorio, che in ciascun Paese dovrebbe destinare aree alla produzione energetica, le quali non dovrebbero interferire con la, o sovrapporsi alla, produzione agricola e alle aree destinate alla protezione della biodiversità". Con le sole rinnovabili, ad esempio, continuare a produrre acciaio e cemento, per le quali occorrono fornaci per la fusione dei metalli, attuare il passaggio all'elettrico, occorre prevedere una quantità di energia pari ad una città di centomila abitanti". 

Come fare allora?

Il libro suggerisce una serie di scenari il cui comune denominatore è costituito comunque dal progettare un cambiamento del nostro sistema economico. Non dovremmo negare il declino, ma assecondarlo, verso nuovi paradigmi produttivi.  

"In questa transizione, impegniamoci a cogliere i termini esatti delle difficoltà e dei pericoli, capacitiamoci che dovremo rinunciare a parte del nostro stile di vita e ragioniamo su come rendere accettabile il declino che già si è avviato. Dovremo ridurre popolazione ed economia il più rapidamente, ma anche il meno traumaticamente possibile. Dovremo abbandonare il criterio dell'efficienza per quello della sufficienza. Dovremo smettere di pensare a cosa potremmo fare in più e cominciare a pensare a cosa potremmo fare in meno".

La soluzione sta non in una decrescita, propongono i due scenziati, ma in una a-crescita verde: "per migliorare il benessere delle collettività umane, oggi così come domani, è necessario alleggerire adeguatamente la pressione antropica sull’ambiente e, allo stesso tempo, diventare agnostici intorno alla desiderabilità di una crescita economica misurata tramite aumenti del PIL. Gli interventi politici vanno vagliati pragmaticamente. Da una circostanza all’altra, occorre valutare se la crescita (nella più ampia accezione di Benessere equo e sostenibile) possa ancora servire (come accade 
nei Paesi poveri), se debba cambiare composizione interna (a favore di beni dematerializzati e a più elevata efficienza energetica), se debba rallentare la propria corsa, se debba fermarsi o se debba diventare negativa (le strategie volte ad aumentare l’efficienza vanno integrate perseguendo il ridimensionamento della produzione economica in molti settori e la riduzione parallela dei consumi, per consentire una buona vita all’interno dei confini ecologici del pianeta)". 

In conclusione? "Non disponiamo di soluzioni semplici, di ricette già scritte - avverton Bellanca e Pardi - tutto è ancora estremamente confuso e reso più complesso dal fatto che le istituzioni internazionali si trovano a mediare tra interessi nazionali contrapposti e tra interessi privati sovranazionali difficili da identificare e imbrigliare all’interno della legislazione degli stati, e in grado invece di influenzare direttamente le scelte politiche dei governi. Parlare di transizione ecologica in questo contesto può essere tranquillizzante, ma sembra più uno degli ingredienti di quel calderone anestetizzante del sistema dell’informazione-intrattenimento- spettacolo, che un serio indirizzo di politica ecologica".
 
Nicolò Bellanca, Luca Pardi, O la capra o i cavoli, Firenze University Press, 2021.Nicolò Bellanca, Luca Pardi, O la capra o i cavoli, Firenze University Press, 2021.
Nicolò Bellanca, Luca Pardi, O la capra o i cavoli, Firenze University Press, 2021.

Tag:  inquinamento atmosfericoO la capra o i cavolisostenibilità

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