#SustainabilityInLaw / CSRD: una nuova era per la (rendicontazione di) sostenibilità.

di Elisa Geraci

23/02/2024


L’argomento mainstream dei tecnici della sostenibilità di questi giorni è la nuova rendicontazione di sostenibilità. 
La nuova disciplina sulla rendicontazione di sostenibilità è una rivoluzione sotto tantissimi aspetti.

Entrata in vigore lo scorso 4 gennaio 2023, la direttiva 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), anzitutto, apre un nuovo ciclo di trasparenza sui dati di business: accanto alle informazioni finanziarie, le informazioni di sostenibilità assurgono a un rango di pari dignità all’interno del bilancio delle organizzazioni. 
Fino allo scorso dicembre 2023, le chiamavano semplicemente informazioni “non-finanziarie” e si collocavano in un documento di disclosure, la cd. DNF. 

I dati sulla sostenibilità delle aziende acquisiscono importanza anche in termini quantitativi.
Oltre alle informazioni già richieste dalla precedente disciplina (ambiente, trattamento dei dipendenti, diritti umani fondamentali, corruzione, diversity nei consigli di amministrazione), le organizzazioni dovranno includere informazioni sugli obiettivi di sostenibilità e sui progressi conseguiti, sulle policy e procedure di due diligence di filiera, sui rischi connessi alle questioni di sostenibilità. 
Approfondiremo questo e gli altri aspetti nei prossimi articoli.

Aumentano non solo la quantità e la qualità delle informazioni che le organizzazioni saranno tenute a rendere disponibili, ma si amplia anche la base delle imprese obbligate alla rendicontazione: saranno incluse le imprese extra-europee con dimensioni rilevanti nel nostro mercato.
Si prevede che il nuovo perimetro di rendicontazione porterà in trasparenza informazioni quali-quantitative sulla sostenibilità delle aziende europee e extra-europee pari – secondo le stime della Commissione Europea nella sua valutazione d’impatto – al 75% del PIL UE.
Già solo per il 2024, le nuove imprese obbligate sono 50 mila, di cui 15 mila solo in Germania.
Le imprese obbligate alla “vecchia” disclosure non finanziaria erano, fino all’entrata in vigore della nuova disciplina, circa 11.700.
Il perimetro è aumentato di quasi 5 volte.
Ma queste sono solo le prime novità.

Si applica un nuovo unico standard di rendicontazione, lo European Sustainability Reporting Standard
Le organizzazioni non abbandoneranno la rendicontazione in GRI, che sarà necessaria per la disclosure richiesta fuori UE; grazie all’interoperabilità tra i due standard ottenuta dalla collaborazione tra EFRAG e Ia Global Reporting Initiative, la reportistica si baserà su dati e analisi che soddisfano entrambi.

Altro grande cambiamento è che non si parla più di matrice di materialità. 
Il cuore della nuova rendicontazione è l’impatto. Si va oltre la materialità, per atterrare al nucleo forte dello sviluppo sostenibile, e cioè del contribuire a fare impatto sui goal dell’Agenda.
Cambia perciò anche l’approccio metodologico: alla base dei processi della rendicontazione ci sarà una analisi dei rischi, potenziali ed effettivi, lungo tutto il perimetro di rendicontazione.
E, in effetti, cambia anche questo. 
Il perimetro si allarga ed è etero-definito dalla direttiva: non è più l’organizzazione e il suo gruppo di controllate, ma tutta la filiera del valore, a monte e a valle dell’impresa che rendiconta, a dover essere trasparente.

Questo ragionare ci conduce all’ulteriore cambiamento importante: il principio della doppia materialità, di cui tutti parlano.
La rilevanza delle questioni di sostenibilità dovrà essere valutata proprio sulla base di quella analisi di rischi, nella prospettiva doppia inside-out e outside-in – già nota a chi ha fatto l’esercizio in triple bottom line – ma che qui sarà diversamente applicata.

Le organizzazioni dovranno adottare i piani climatici per arrivare al net zero entro il 2050 (o prima, per le più ambiziose); nella rendicontazione, li dovranno rendere pubblici, documentando i progressi, le tappe, le azioni intraprese per raggiungere quel risultato, gli eventuali correttivi, unendo una dichiarazione che attesti se gli obiettivi dell'impresa relativi ai fattori ambientali sono basati su prove scientifiche conclusive. E dovranno, soprattutto, includere una dichiarazione che attesti se gli obiettivi dell'impresa relativi ai fattori ambientali sono basati su prove scientifiche conclusive.
La rendicontazione di sostenibilità sarà quindi anche il banco di prova ultimo dell’eventuale greenwashing dell’organizzazione, quantomeno con riferimento ai climate pledge.
Un’altra novità, tra le tante di questa nuova disciplina, è che le organizzazioni dovranno adottare indicatori (KPI) non solo numerici, ma anche qualitativi, basati sulla valutazione di elementi e fattori non esclusivamente finanziari.

Le novità introdotte dalla nuova rendicontazione di sostenibilità sono molte, tante di più di quelle che qui abbiamo accennato, e le vedremo nei prossimi articoli, consapevoli di muoverci finalmente in una stagione più matura della sostenibilità, che attesta, con i criteri ESG, una linea di compliance più spinta ed avanzata rispetto al passato, nella quale non solo la sostenibilità non è più un’opzione, ma è fatta di nuovi obblighi, che ci chiedono di fare ancora meglio, per l’impatto positivo.
 

Tag:  #SustainabilityInLawCSRDRendicontazione di sostenibilitàsostenibilità

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