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Unioncamere: l'imprenditoria femminile spinge sul green più di quella maschile
Unioncamere: l'imprenditoria femminile spinge sul green più di quella maschile
di Redazione
29/07/2022
Le imprese femminili sono 1 milione e 345mila e rappresentano il 22% del totale, una cifra sostanzialmente stabile, con una crescita nel secondo semestre del 2022 di 1.727 unità (+0,1%) rispetto allo stesso periodo del 2021. Le aziende condotte da donne sono caratterizzate dalla spinta a investire nell'innovazione e nel green, più di quelle maschili. Sono alcuni dei principali risultati emersi dal V Rapporto sull'imprenditoria femminile realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro Studi Tagliacarne e Si.Camera.
La ripresa post pandemia, si legge nel rapporto, ha convinto un ulteriore 14% di imprese femminili ad iniziare ad investire nel digitale (a fronte dell'11% delle aziende maschili) e un 12% a investire nel green (contro il 9%). A queste si aggiunge, in misura equivalente alle imprese non femminili, un 31% di aziende che ha aumentato o mantenuto costante gli investimenti in tecnologie digitali in questi anni, e il 22% che ha fatto altrettanto nella sostenibilità ambientale (contro il 23% delle altre imprese).
Le donne d'impresa, quindi, si sono lanciate nella duplice transizione che le politiche europee sostengono con forza e che rappresenta il core del PNRRitaliano. Ma non senza difficoltà. La metà delle imprese femminili, infatti, ha interrotto gli investimenti o addirittura esclude di volerli avviare nel prossimo futuro. Il Rapporto riporta anche come, nel secondo semestre del 2022, si sia registrata una maggiore concentrazione di imprese femminili nel settore dei servizi (66,9% contro il 55,7%), di minori dimensioni (il 96,8% sono micro imprese fino a 9 addetti, contro il 94,7% delle maschili) e con una forte diffusione nel Mezzogiorno (il 36,8% delle imprese guidate da donne opera in queste regioni, contro il 33,7% delle non femminili). Le analisi effettuate mostrano però anche che le imprese femminili hanno una minore capacità di sopravvivenza: a tre anni dalla loro costituzione, restano ancora aperte il 79,3% delle attività guidate da donne, contro l'83,9% di quelle a guida maschile e, dopo cinque anni, la quota delle imprese femminili che sopravvivono è del 68,1%, contro il 74,3% delle altre.
Fondare un'impresa rappresenta anche una via importante di integrazione sociale ed economica e questo vale ancora di più per le donne. Le imprenditrici di origine straniera sono infatti percentualmente più numerose: tra le imprese femminili, quelle guidate da straniere sono l'11,8%, a fronte del 10,4% di quelle condotte da uomini. “Di fronte alle grandi sfide poste dal PNRR al sistema produttivo nazionale, le donne italiane a capo di una impresa stanno rispondendo positivamente, accelerando sul fronte degli investimenti digitali e in tecnologie più rispettose dell'ambiente”, spiega il presidente di Unioncamere Andrea Prete. “Questa inclinazione va sostenuta ed aiutata. Le imprese femminili continuano a crescere di numero ma hanno bisogno di supporto, perché continuano a sopravvivere di meno. Durante la pandemia, sono proprio loro ad aver subito maggiormente l'impatto della crisi e si è ridotta in misura maggiore la natalità delle aziende guidate da donne. Questo perché hanno ostacoli maggiori da dover superare. D'altro canto, la spinta a fare impresa tra gli under 35 è maggiore tra le donne, senza contare quando le imprese femminili investono in asset intangibili e in ricerca e sviluppo si annullano i gap con le altre imprese”.
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