VivoGreen perché consumare deve essere un mestiere

di Irene Ivoi

21/03/2022


Alla fine del 2020 una timida notizia trovata in rete mi ha incuriosito e mi ha portato a voler conoscere VivoGreen.

Per farlo ho contattato e intervistato Davide Milani, l’anima ispiratrice di questa storia molto originale che nasce da una domanda che Milani rivolge ai suoi studenti nel settembre del 2019 “Come dovrebbe essere il supermercato sostenibile del futuro?”.

Quella domanda nasceva da un desiderio di stimolare gli studenti a immaginare un progetto di economia circolare calato nella realtà.

Gli studenti (quattro istituti tecnici superiori coinvolti, in primis l’ITT di Terni) iniziano a progettare un format che farebbe impallidire anche tanti concept ambiziosi che hanno circolato in Italia fin dai tempi di Expo 2015.

Loro immaginano un supermercato dove innanzitutto si paga solo con carte che incamerano i prodotti acquistati e restituiscono a fine spesa il totale (come le tante pistole salvatempo) oppure agganciando la spesa alla propria carta tramite Nexi per uscire senza neppur passare dalle casse, poi non esistono prodotti confezionati in plastica o in imballaggi non riciclabili salvo una soglia minima di referenze (solo carta, cartone, biocompostabili, metalli, legno e vetro a rendere), l’acqua è accessibile tramite dispenser (l’imbottigliata non appare sugli scaffali), al banco dei freschi si acquista tutto con vaschette riutilizzabili che ci si porta da casa, persino la pizza si compra in vassoi di alluminio a rendere con cauzione, diverse referenze sono sfuse, periodicamente il punto vendita deve ospitare conferenze (fisiche e online) sulla qualità del cibo sano in accordo con esperti ospiti, la maggioranza dei prodotti venduti devono essere locali (e quindi si suppone abbiano una filiera corta) e si accettano dai clienti anche segnalazioni su nuovi prodotti da implementare, poi grazie a un algoritmo brevettato, i clienti ricevono bonus da spendere per un importo pari alla quota variabile della Tari in base a quanto imballaggio riescono a risparmiare, per i disabili ci devono essere dei servizi ad hoc e la Spesa deve arrivare anche a domicilio con mezzi elettrici o biciclette.

In sostanza gli studenti immaginano un progetto di supermercato capace di far riflettere, capace di abilitare delle nuove azioni (invece che agire con il pilota automatico, come spesso accade anche ai migliori di noi).

Perché per loro la sostenibilità deve diventare azione, comportamento e non restare parola.

Questa storia va in concreto nella direzione di quanto sia utile mettere la sostenibilità in vetrina, proprio come scrivevo un mese fama per tradurla in fatti e non per contemplarla.

E per chi vuol sapere come è finita, vi dico che quel format, dopo un anno (incredibile!) è diventato realtà.

A settembre 2020 a Terni è nato VivoGreen.

In tre mesi 1350 tessere, a gennaio 2022 le tessere erano 2521. È una piccola realtà che può insegnarci molto: un vero progetto anche formativo, e sarei pronta a scommettere che tanti comuni italiani vorrebbero poter vedere sui propri confini.

Oggi i costi dell’energia mordono mi ha detto Milani un mese fa ed io gli ho risposto “evitate i surgelati! Forse in questo periodo dovremmo decidere di non poterceli permettere. Ma questo è un altro film.

Volete sapere se VivoGreen è un nudge?

VivoGreen non ti dà la possibilità di scegliere: quando sei dentro puoi fare la spesa solo alle sue condizioni e quindi se lo leggiamo in questo modo, non è un nudge.

Ma VivoGreen abilita una spesa diversa per i ternani, o chiunque voglia, che la desideri.

Grazie quindi al bias della disponibilità, molti nuovi comportamenti con VivoGreen diventano possibili ecco perché esso si profila come una spinta gentile verso la direzione che ci sta più a cuore.
 

Tag:  nudgesostenibilitàVivoGreen

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