Vuole un caffè da portare via? Si, ma quanta CO2 mi costa?

di Paolo Marcesini

06/02/2024


Mi arriva la newsletter di zeroCO2. Sono una bella realtà che aiuta le aziende nella riduzione del loro impatto ambientale attraverso la proposta di azioni da mettere in campo per contrastare la crisi climatica. 

Propongono la lettura di comparazione dell’impronta sul pianeta di un caffè da portar via. Argomento pop. Ora, lo dico subito, sono da sempre ostile al caffè bevuto all’interno di un contenitore che non sia la classica tazzina in porcellana di grosso spessore per non disperdere il calore. Mal sopporto persino le tazzine di porcellana fine da servizio custodite nella vetrinetta del salotto. Ma torniamo alla nostra impronta del caffè da portare via.

Si ipotizza una scelta fra tre diverse tazze usa e getta. 

La prima è in polistirene espanso che è un isolante termico derivato dal comune polistirolo: emette 33 g di CO2 per tazza, l’80% finisce nella spazzatura e la decomposizione richiede circa 500 anni e rischia di rilasciare microplastiche e sostanze inquinanti nell’ambiente.

La seconda tazzina è in plastica: emette dai 10 ai 30 g di CO2 per bicchiere monouso, a seconda del tipo di plastica, ha una lentissima decomposizione, contribuendo alle 8,3 miliardi di tonnellate metriche di plastica già esistenti e rischia di aggiungere microplastiche negli oceani e nel nostro corpo.

La terza è di carta: si decompone emettendo 110 g di CO2 per bicchiere, ha bisogno di un rivestimento in plastica per evitare perdite e facilitare il riciclaggio e il processo di produzione impatta sugli alberi (6,5 milioni abbattuti ogni anno).

Cosa scegliamo? Personalmente rinuncio al caffè.

Perché anche il caffè ha il suo peso. Ricordo che un paio di anni fa venne calcolata l’impronta del carbonio di una tazza che era pari a 48 g di CO2 nel caso della moka contro i 76 del caffè in cialde. 

La storia si aggroviglia. 

E sia chiaro che a casa uso la moka.
 

Tag:  caffèimpatto ambientaleimpatto ambientale del caffèzeroCO2

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